articolo pubblicato a cura dell’Avv. Leonardo Arienti sulla rivista specializzata: Trusts, 2024, N°6 (N° 6 (novembre-dicembre).
Tesi
L’articolo esplora la disciplina giuridica applicabile al trust successorio, istituito con un atto inter vivos avente effetti post mortem, ed il trust testamentario, istituito mediante un atto post mortem, il testamento.
L’analisi si concentra sulla disciplina giuridica applicabile ad entrambe le tipologie di trust, sottolineando le differenze tra la disciplina codicistica in materia contrattuale applicabile al trust successorio ed a quella in materia ereditario-testamentaria applicabile al trust testamentario.
The author’s view
The article explores the Italian legal framework applicable to a succession trust established by an inter vivos act with post-mortem effects and a testamentary trust created a post mortem act, i.e. a will.
The analysis focuses on the legal framework applicable to both types of trust, highlighting the differences between the legal provisions in contractual matters applicable to a succession trust and those in inheritance-testamentary matters applicable to a testamentary trust.
§ 1. Considerazioni introduttive
Il trust si sta affermando come uno strumento di grande rilevanza nella pianificazione ereditaria grazie alla straordinaria flessibilità ed all’altissimo livello di personalizzazione che offre. A differenza dei tradizionali strumenti di diritto successorio, il trust consente di rispondere a una varietà di esigenze e interessi, spesso anche in conflitto tra loro.
L’approfondimento dottrinale in materia di trust utilizzato in ambito ereditario è relativamente recente, ed ha esplorato solo una parte dei molteplici aspetti legati all’applicazione di questo strumento nella programmazione generazionale ed ereditaria.
Nel contesto successorio-ereditario si distinguono due tipologie di trust:
(i) il trust istituito inter vivos in funzione successoria, ovvero con effetti post mortem oltre alla vita del disponente, convenzionalmente denominato “trust successorio”,
(ii) il trust istituito mortis causa con testamento, e dunque denominato trust testamentario.1
§ 2. Il trust successorio: cenni
Il trust successorio è un trust istituito dal disponente con atto tra vivi con finalità successoria, cioè i cui effetti si producono anche post mortem, oltre alla vita del disponente.
Originariamente questa tipologia di trust era vista con sospetto per il suo potenziale conflitto con il divieto dei patti successori sancito dall’art. 458 cod. civ. Tuttavia, le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 12 luglio 2019, n. 18831 hanno definitivamente chiarito che il trust successorio avente causa liberale è istituito con atto inter vivos avente efficacia attributiva post mortem nei confronti dei beneficiari finali. Ciò implica che i beneficiari finali acquisiscono i beni tramite un negozio gestorio istituito per atto tra vivi preesistente all’evento morte, con l’effetto che i beni attribuitigli non sono caduti in successione e non fanno parte dell’asse ereditario del disponente de cuius.2
Il trust successorio ha finalità post mortem, la morte del disponente è un evento accessorio al negozio istitutivo e non evento al quale sono subordinati o condizionati gli effetti del trust (come ad esempio nel caso di trust c.d. “dormiente” dove l’efficacia del trust è subordinata al decesso del disponente).
Pertanto, a differenza di negozi mortis causa nei quali la morte costituisce la giustificazione causale del negozio (considerati nulli per violazione del divieto dei patti successori ex art. 458 cod. civ.), il trust successorio non è assoggettabile all’art. 458 cod. civ. relativo al divieto dei patti successori (Cass., 2 settembre 2020, n. 18198).3
Le attribuzioni ai beneficiari finali effettuate dal trustee nell’ambito di un trust successorio vengono qualificate come donazioni indirette, riconducibili all’ambito della categoria delle liberalità non donative, di cui all’art. 809 cod. civ.4
Ciò comporta la contestuale non applicabilità al trust successorio dei formalismi di cui all’art. 782 cod. civ. sulla forma c.d. “solenne” delle donazioni, e dell’art. 784 cod. civ. sulla donazione ai nascituri (questione rilevante nel caso di trust con beneficiari finali individuati nelle generazioni future oltre la terza). Al contrario, restano applicabili le norme sulla riduzione delle donazioni per lesione della quota riservata ai legittimari di cui all’art. 553 cod. civ.
Tali osservazioni sono utili per aiutarci a comprendere le rilevanti considerazioni che vengono di seguito formulate in merito alla disciplina giuridica applicabile ai trust successori ed ai trust testamentari.
§ 3. Il trust testamentario: cenni
Il trust testamentario è istituito dal disponente mortis causa, per mezzo del testamento, nelle forme previste dall’art. 601 ss. cod. civ.5
La Convenzione de L’Aja del 1985 prevede espressamente all’art. 2 che il trust possa essere istituito per atto mortis causa per mezzo del testamento, con applicazione delle disposizioni civilistiche in materia testamentaria, oltre che di devoluzione successoria e di legittima (art. 15 della Convenzione).
In considerazione del momento di istituzione del trust, e del diverso e successivo momento di dotazione in trust dei beni ereditari, possono ritenersi configurabili tre tipologie di trust testamentario:6
(i) trust testamentario “diretto” o propriamente detto, istituito mediante testamento (singolo o più testamenti) con contestuale apporto dei beni;
(ii) trust testamentario “indiretto” nel quale il disponente prevede per testamento l’onere imposto agli eredi o legatari di istituire il trust, determinandone gli elementi essenziali. In questo caso il trust viene istituito con successivo atto inter vivos di derivazione testamentaria e con onere imposto per mezzo del testamento ex art. 647 cod. civ.;
(iii) trust testamentario “misto” nel quale con testamento è istituito il trust con onere/obbligo in capo agli eredi, ai legatari oppure ad un esecutore testamentario di apportare con atto inter vivos i beni di derivazione ereditaria nel trust già istituito (eventualmente al termine dell’esecuzione testamentaria al fine di apportarvi i beni residui e ridurre i possibili profili di conflittualità tra gli eredi).
Solitamente, il trasferimento dei beni nei trust testamentari avviene al momento dell’istituzione del trust, anche se è possibile un trasferimento successivo mediante altro testamento oppure inter vivos, ad opera di un terzo.
Tali diverse configurazioni acquistano rilevanza per valutare la disciplina giuridica applicabile al trust oltre che all’amministrazione (e devoluzione) da parte del trustee dei beni in trust.
§ 4. La disciplina giuridica applicabile al trust successorio o al trust testamentario: tra diritto contrattuale e diritto successorio
La qualificazione del trust successorio come atto inter vivos fa sì che ad esso si applichino le disposizioni codicistiche in materia contrattuale ai sensi dell’art. 1324 cod. civ., secondo il quale, agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale debbano applicarsi le norme che regolano i contratti, in quanto compatibili.
Al contrario, essendo il trust testamentario un istituto mortis causa, ad esso deve dunque ritenersi applicabile la disciplina relativa alla materia successoria di cui ai titoli dal I al IV del Libro II “Delle successioni” del codice civile.
Ciò ha importanti conseguenze pratiche sotto il profilo della disciplina codicistica applicabile alle due diverse tipologie di trust.
Si pensi ad esempio alla controversia tra i beneficiari di un trust successorio in merito alla divisione dei beni effettuata dal trustee a favore dei beneficiari finali. Tale controversia non riguarda la materia successoria poiché non ha ad oggetto la divisione di un bene caduto in successione ereditaria, con contestuale applicazione della disciplina contrattuale. 7
§ 5. La disciplina giuridica applicabile ai trasferimenti in trust di beni e diritti effettuati inter vivos o mortis causa
L’individuazione della disciplina giuridica applicabile al trust rileva anche per la qualificazione dei diversi atti di trasferimento mediante i quali i beni o i diritti vengono apportati in trust.
Tali atti potranno essere inter vivos (applicazione normativa contrattuale) oppure mortis causa (applicazione della disciplina successoria).
Secondo questa interpretazione vanno così a definirsi molteplici categorie di trust, ai quali potrà essere applicata all’atto istitutivo una disciplina giuridica mentre, ai successivi atti di trasferimento in trust di beni, potrà esserne applicata una differente (ad esempio è possibile un trust istituito inter vivos con apporto effettuato mortis causa per testamento e successivo apporto inter vivos da parte dei terzi).
La questione relativa alla qualificazione della disciplina legislativa codicistica applicabile al trust è di ampio interesse anche pratico e sinora non particolarmente indagata da parte della dottrina e, per questo, verrà approfondita nei paragrafi che seguono per il caso di trust testamentario.
§ 6. Gli effetti della disciplina successoria applicata al trust testamentario
Nel trust testamentario si realizza una devoluzione mortis causa delle sostanze del disponente al trustee. Dunque, i beni trasferiti nel trust testamentario per mezzo del testamento, trovandosi al momento dell’apertura della successione nel patrimonio del de cuius, devono ritenersi caduti in successione con applicazione della relativa disciplina giuridica.
Ne discende che il trust testamentario dovrà necessariamente essere valutato e coordinato con le norme del nostro ordinamento in materia successoria e testamentaria, con applicazione delle quote previste dalla disciplina sulla successione necessaria di cui agli artt. 536 ss. cod. civ.,8 oltre che gli istituti di riequilibrio dei diritti tra gli eredi tipici della materia successoria come la collazione ex art. 737 cod. civ. e la riduzione ex art. 553 cod. civ. oltre che la rappresentazione ex art. 467 cod. civ., l’accrescimento ex art. 674 cod. civ. e la prelazione ereditaria ex art. 732 cod. civ. sull’eventuale vendita dei beni ereditari.
§ 7. Il trustee come erede o legatario del trust testamentario
Caratteristica del trust testamentario è che al trustee vengono trasferiti in proprietà9 i beni facenti parte del patrimonio ereditario, beni ereditari che dovranno essere dallo stesso gestiti a beneficio dei beneficiari individuati o individuabili ovvero per il perseguimento di uno scopo.10
Sarà dunque il trustee il soggetto eventualmente destinatario della delazione testamentaria e di certo non il trust, non essendo il trust un ente dotato di personalità giuridica e dunque non potendo essere qualificato come un soggetto di diritto (ex multis, Cass., 16 febbraio 2021, n. 3986 e Cass., 7 febbraio 2020, n. 2898) e nemmeno come ente a nulla rilevando l’attribuzione della soggettività tributaria (Ministero del Lavoro, circ. 21 aprile 2022, n. 9) ai fini della conformazione della soggettività giuridica e dell’eventuale entificazione del trust.
Sotto il profilo civilistico e successorio il trust è un insieme di beni e rapporti giuridici (art. 2 della Convenzione) la cui proprietà è solo “formalmente” intestata al trustee, unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi” (Cass., 3 agosto 2017, n. 19376) sebbene non proprietario “sostanziale” o “reale” in quanto limitato nel godimento dei beni dalla destinazione che essi hanno verso i beneficiari del trust (per questo si parla di “proprietà destinata del trustee”)11 ovvero di proprietà vincolata nel fine.12
I trasferimenti mortis causa in capo al trustee vengono effettuati: a titolo universale di erede (in tal caso il trustee, che agisce nell’ambito della sua funzione in forza di un mandato gestorio e non in proprio, dovrebbe sempre accettare con beneficio di inventario ex art. 473 cod. civ. previsto a tutela di soggetti che non beneficiano della separazione patrimoniale data dalla personalità giuridica) ovvero, a titolo particolare di legatario, con possibile qualificazione della tipologia di legato in base a quanto previsto dal testamento (ritenendosi di difficile accoglimento una diversa qualificazione giuridica dell’intero istituto in base a categorie del tutto residuali del diritto successorio, malamente applicabili alla realtà ed all’operatività concreta del trustee).13
Certo è che nel caso di trust testamentario mortis causa l’apporto al trustee debba essere necessariamente qualificato secondo le categorie tradizionali previste dal diritto successorio. Dunque, il trustee, erede o legatario, in virtù della configurazione dell’atto istitutivo e dei poteri del trustee potrà eventualmente ritenersi gravato da un onere ovvero da un modus ex art. 647 cod. civ., con conseguente applicazione delle disposizioni civilistiche in materia di adempimento dell’obbligazione.
§ 8. Il trustee non è esecutore testamentario
Da parte della dottrina è stata anche approfondita l’assimilazione concettuale della figura del trustee a quella dell’esecutore testamentario, dunque, figure distinte e strutturalmente incompatibili ma associate per alcune similarità di carattere gestorio del patrimonio ereditario.14
Come correttamente rilevato, le funzioni di esecutore testamentario e di trustee combaciano sotto molteplici profili, soprattutto sull’attività gestoria di beni ereditari non di “reale” proprietà dei gestori e vincolati ad una destinazione verso gli eredi-legatari ovvero verso i beneficiari del trust. Anche la natura dell’incarico di esecutore e di trustee combacia caratterizzandosi per essere qualificabile – in buona sostanza – come un mandato gestorio sui generis.
Tra i due uffici di trustee e di esecutore testamentario esistono, tuttavia, differenze giuridiche che li rendono incompatibili.
Innanzitutto l’accettazione dell’incarico nelle forme previste dall’art. 702 cod. civ. e la presa di possesso dei beni ereditari ai sensi dell’art. 703 cod. civ. Dunque, l’esecutore non acquista il possesso ipso iure mentre il trustee acquista la proprietà dei beni ipso iure al momento del trasferimento in trust.
L’esecutore diviene gestore dei beni e non proprietario come invece avviene in caso di trasferimento in trust. In caso di alienazione dei beni l’esecutore – a differenza del trustee – deve chiedere l’autorizzazione all’autorità giudiziaria. Inoltre, l’esecuzione testamentaria non crea una massa patrimoniale segregata e destinata, contrariamente a ciò che avviene in caso di trust.
Rispetto alla durata, l’esecuzione testamentaria ha una durata di un anno prorogabile di un altro anno. Diverso è invece per il trustee che mantiene la proprietà dei beni fintanto che dura il trust.
Da ultimo, il rapporto tra esecutore testamentario ed eredi o legatari è diverso da quello del trustee con i beneficiari. Nel primo caso l’esecutore subisce il concorrente potere dispositivo degli eredi e può essere esonerato mediante istanza all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 710 cod. civ. Il trustee invece è indipendente rispetto agli eredi e non può essere esonerato dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 710 cod. civ.
§ 9. I beneficiari del trust testamentario non sono eredi o legatari
Una serie di rilievi può essere fatta con riferimento alla qualificazione giuridica dei beneficiari finali ma anche dei beneficiari del reddito del trust testamentario, non potendo gli stessi ritenersi eredi del de cuius o legatari per il solo fatto di essere beneficiari del trust. Così, anche la qualificazione giuridica dell’atto di attribuzione finale ai beneficiari dei beni presenti nel trust mortis causa deve essere ben valutata.
I beneficiari finali del trust testamentario ricevono le distribuzioni da parte del trustee con atti inter vivos di derivazione ereditaria poiché i beni sono attribuiti ai beneficiari mediante un negozio gestorio disponente-trustee-beneficiario istituito mortis causa dal disponente.
Tali distribuzioni sembrerebbero poter essere qualificabili come atti di liberalità non donativa ex art. 809 cod. civ. qualora vi sia una piena discrezionalità del trustee rispetto alla devoluzione dei beni. Al contrario, nel caso di devoluzione ai beneficiari non discrezionale o solo parzialmente discrezionale, tali trasferimenti sembrerebbero potersi qualificare come atti eseguiti in adempimento di un onere di cui agli artt. 647 e 671 cod. civ.15
La diversa qualificazione delle distribuzioni ai beneficiari finali del trust testamentario ha evidenti effetti sulla determinazione della disciplina applicabile a tali atti.
§ 10. I beneficiari “eredi legittimi” tra individuazione contrattuale e successoria della categoria
L’applicazione della disciplina contrattuale al trust successorio, ovvero successorio-ereditaria al trust testamentario, apre una serie di considerazioni di particolare rilievo pratico ad esempio con riferimento all’individuazione dei beneficiari.
Poniamo il caso in cui i beneficiari finali di un trust siano individuati nell’astratta categoria degli “eredi legittimi”. Il trustee dovrà valutare chi, in un determinato momento futuro, sia qualificato come erede legittimo, e dunque, beneficiario finale del trust.
Nel caso di trust testamentario, eredi legittimi sono coloro i quali al momento del decesso del disponente ne sono gli eredi legittimi secondo l’individuazione di cui all’art. 565 cod. civ. e le regole stabilite dal titolo II del Libro II “Delle Successioni” cod. civ., con l’applicazione di tutti i relativi istituti successori ivi previsti.
Al contrario, in caso di trust successorio, la qualificazione degli eredi legittimi non deve rientrare nell’ambito della materia successoria bensì in quella “contrattuale”, con individuazione dei beneficiari eredi legittimi contrattualmente orientata.
Ciò avviene nel contesto delle polizze vita (Cass., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421) laddove la designazione generica inter vivos dei beneficiari “eredi legittimi” non comporta la ripartizione dell’indennizzo tra i beneficiari secondo le proporzioni della devoluzione ereditaria ma, al contrario, secondo la ripartizione effettuata mediante interpretazione civilistico-contrattuale del termine.
L’applicazione pratica di questa differenza interpretativa è di tutta evidenza in molteplici circostanze.
Ad esempio: uno di due fratelli beneficiari “eredi legittimi” di un trust successorio premuore rispetto al termine finale del trust, lasciando tre figli superstiti. In questo caso, e salvo il trust non preveda diversamente, al termine finale la prestazione beneficiaria dovrà essere eseguita dal trustee per pari quote a favore dei tre figli e del fratello superstite (1/4 ciascuno). Al contrario, nel caso di trust testamentario con applicazione della disciplina successoria, la conseguente divisione dovrebbe essere effettuata per quote relative alle stirpi di cui agli artt. 469 e 731 cod. civ. In questo caso il fratello superstite avrebbe diritto alla quota di 1/2 così come i tre nipoti (1/2 da dividersi per rappresentazione).
§ 11. Conclusioni
Il trust rappresenta un sofisticato strumento di pianificazione generazionale e successoria che, attraverso la sua straordinaria flessibilità, consente di gestire in modo personalizzato e strutturato situazioni ereditarie anche molto complesse.
Le tipologie di trust solitamente utilizzate in questo ambito, il trust successorio ed il trust testamentario, sono molto differenti tra di loro.
Il trust successorio viene istituito dal disponente con atto inter vivos in funzione successoria o post mortem, mentre il trust testamentario è istituito con atto mortis causa, e dunque con testamento.
Sotto il profilo civilistico e successorio la distinzione tra le due tipologie di trust è particolarmente significativa ed ha evidenti risvolti pratici connessi alla diversa disciplina giuridica applicabile: disciplina contrattuale ex art. 1324 cod. civ. per il trust successorio e disciplina ereditario-successoria per il trust testamentario.
La differente qualificazione giuridica del trust successorio e di quello testamentario comporta significative implicazioni sia giuridiche sia pratiche, implicazioni che devono essere ben valutate in sede di istituzione.