Nel 2012 Michelangelo Manini, non coniugato e senza successori legittimari ai quali la legge riserva una quota di eredità, è deceduto.

Michelangelo Manini, in tale posizione, poteva – come in effetti ha fatto – devolvere l’integralità del suo patrimonio per testamento anche ad un soggetto terzo.

Così egli ha donato il 66% dell’azienda di famiglia, la FAAC, all’Arcidiocesi di Bologna, insieme alle proprietà immobiliari e 140 milioni di liquidità in banca.

La Curia, lungimirante, non potendo amministrare direttamente il bene anche per incompatibilità previste dal Diritto Ecclesiastico relativamente alla detenzione ed esercizio di attività economiche, ha istituito un trust affinché esso amministrasse la società in completa autonomia rispetto alla Diocesi.

Nel trust, amministrato da tre trustee, è stato conferita la nuda proprietà  e sembrerebbe anche l’usufrutto avendo comunque il diritto di voto in Assemblea dei Soci. Sembra inoltre che la Curia sia solo beneficiaria di una minima parte degli utili che rinveste in attività  socialmente utili.

Come recentemente rilevato Milena Gaganelli (articolo e video su Il Corriere della Sera on line del 07 novembre 2018),  tale decisione ha portato la FAAC a raddoppiare il fatturato ed il numero di dipendenti in pochi anni.

Per saperne di più:

Vedi il video e l’articolo su www.corriere.it

Per un approfondimento riguardo all’utilizzo del trust nel passaggio generazionale dell’impresa:

Articolo di Sifir Fiduciaria /

Prossimo Apputamento:

Convengo sul il passaggio generazionale dell’impresa, a cura di SIFIR Fiduciaria, che si terrà il 6 dicembre 2018 a Bologna.