Commento a Cassazione Civile, Sez. V, Ordinanza del 17.03.2020, n. 7359

di Leonardo Arienti, Avvocato

Il caso

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7359 del 17 marzo 2020 ritorna ad esprimersi sul tema dell’elusione fiscale dovuta all’abuso del diritto in caso di rivalutazione e successiva cessione di partecipazioni sociali.

Il caso esaminato dalla Corte riguarda una complessa serie di operazioni straordinarie volte al riassetto di un gruppo societario ed effettuate nel corso di tre esercizi (anni 2000, 2001 e 2002).

In particolare, il contribuente era titolare di una partecipazione pari al 19% nella società Alfa, holding di partecipazioni posta al vertice di un gruppo societario. La società, nel corso dell’esercizio chiuso al 31.10.2000, aveva rivalutato la propria partecipazione detenuta in Beta, procedendo poi all’incorporazione della partecipata nell’aprile 2002.

Nel maggio 2002 Alfa holding aveva poi costituito la società Gamma, mediante conferimento di un ramo d’azienda. Detto ramo d’azienda era stato successivamente concesso in affitto alla società Delta, poi acquisita da Beta.

Il contribuente, nel giugno 2002, dopo aver rivalutato la propria partecipazione in Alfa ai sensi del D.L. n. 282/2002, ha ceduto la medesima alla società Epsilon.

Tali operazioni, a dire del contribuente, erano tese alla separazione dell’attività gestionale da quella relativa alla proprietà del patrimonio aziendale ed immobiliare detenuto dai soci, erano tra l’altro finalizzate a favorire l’ingresso di nuovi investitori terzi nella compagine societaria.

Per converso, a parere dell’Agenzia delle Entrate, mediante tali operazioni il contribuente avrebbe attuato un’operazione elusiva ai sensi dell’art. 37-bis del DPR n. 6000/1973 percependo – sotto forma di corrispettivo della cessione della propria partecipazione – riserve di utili della società altrimenti tassabili come redditi di capitale ai sensi art. 44 del DPR n. 917/1986 ciò in quanto tale operazione si era conclusa con la cessione delle partecipazioni proceduta dalla loro rivalutazione.

 

Disposizioni anti-elusive: dall’articolo 37-bis DPR n. 600/1973 al vigente articolo 10-bis della Legge n. 212/2000

Il caso in commento riguarda un accertamento effettuato ai sensi del previgente art. 37-bis del DPR n. 600/1973, ma la ratio della decisione della Corte di Cassazione può assolutamente considerarsi applicabile all’articolo 10-bis della Legge n. 212/2000, attualmente in vigore.

In buona sostanza, in tema di disposizioni anti-elusive, il previgente art. 37-bis DPR n. 600/1973 (abrogato dal D.Lgs. n. 128/2015) prevedeva l’inopponibilità all’Amministrazione finanziaria delle operazioni dirette ad aggirare gli obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, al fine di ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti, qualora tali operazioni fossero prive di valide ragioni economiche.

Secondo l’attuale formulazione della norma anti-elusiva prevista dall’art. 10-bis della Legge n. 212/2000, configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.

Per effetto delle modifiche legislative intercorse, non devono dunque considerarsi abusive le operazioni giustificate da “sostanza economica” e dunque da valide ragioni extra-fiscali, anche di riassetto organizzativo o gestionale, che abbiano come scopo primario il riequilibrio strutturale o funzionale dell’impresa.

Ai fini anti-abuso, la sussistenza o meno della sostanza economica dell’operazione deve essere provata dall’Amministrazione finanziaria ed anche dal contribuente, attraverso la ripartizione dell’onere probatorio specificato dalla decisione in commento.

 

La ripartizione dell’onere della prova secondo l’ordinanza n. 7359/2020

Ai fini della ripartizione dell’onere probatorio nel giudizio anti-abuso, la Corte richiama i principi già affermati della propria giurisprudenza e precisa come esso debba essere ripartito tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente.

In particolare, la Corte ribadisce che, da una parte incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo del contribuente sia delle modalità di alterazione e di manipolazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato, perseguiti solamente per pervenire al risultato di indebito vantaggio fiscale (in tal senso vengono richiamate le Cass. Sez. V, n. 16217/2018, n. 9610/2017, n 5090/2017).

Dall’altra parte, è onere del contribuente dimostrare l’esistenza di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l’operazione e che possano consistere anche in esigenze di natura organizzativa ed in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda (in tal senso vengono richiamate le Cass. Sez. V, n. 4604/2014, n. 1372/2011).

La Corte ha rigettato pertanto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, rilevando che, con riferimento al caso di specie, il complesso delle operazioni effettuate dal contribuente evidenziava la sussistenza di ragioni economiche tali per cui poteva essere esclusa la loro esecuzione in vista del solo vantaggio fiscale.

 

Considerazioni conclusive

 La Corte di Cassazione con questa decisione fa chiarezza in merito alla ripartizione dell’onere della prova nel giudizio sull’abuso di diritto e di applicazione della normativa anti-elusiva.

La ratio della decisione, certamente applicabile alla norma anti-elusiva attualmente in vigore (i.e. art. 10-bis della Legge n. 212/2000), si sostanzia nella ripartizione dell’onere probatorio tra Amministrazione finanziaria (che dovrà dar prova della mancanza di sostanza economica delle operazioni e dell’indebito vantaggio fiscale perseguito in contrasto con le finalità delle norme fiscali) e contribuente (che dovrà dimostrare l’esistenza di sostanza economica, e dunque di valide ragioni economiche apprezzabili che giustificano le orazioni realizzate).

Dunque, per beneficiare del legittimo risparmio d’imposta previsto dalla normativa agevolativa con contestuale disapplicazione della disciplina in tema di abuso del diritto, spetterà al contribuente dare prova in concreto della sussistenza ai fini delle operazioni effettuate di valide ragioni economiche, extra-fiscali e non marginali, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa.