Estratto dell’articolo dell’Avv. Leonardo Arienti pubblicato sulla rivista Trusts, 2025, 150
Cita come: Leonardo Arienti, La natura giuridica dell’atto di trasferimento dei beni in trust, in Trusts, 2025, 150.
Tesi
La qualificazione giuridica dell’atto di trasferimento di beni in trust riveste un ruolo cruciale per determinarne la disciplina normativa applicabile. La natura giuridica di tali atti può variare sensibilmente a seconda che si tratti di atti inter vivos (atti liberali ovvero atti onerosi) oppure mortis causa, con conseguente applicazione della normativa civilistico-contrattuale nel primo caso e successorio-ereditaria nel secondo. Tale qualificazione giuridica assume un rilievo pratico significativo per l’interprete, sia nell’analisi degli effetti che la legge applica all’apporto in trust, sia nella valutazione degli obblighi del trustee e diritti dei beneficiari o dei terzi.
The author’s view
The legal qualification of the deed of transfer of assets in trust (i.e. contribution in trust) plays a crucial role in determining the legal rules applicable. The legal nature of such deeds may vary considerably depending on whether they are inter vivos deeds (liberal deeds or onerous deeds) or mortis causa deeds, with the consequent application of civil-contractual law in the former case and inheritance law in the latter. This legal qualification assumes significant practical importance for the interpreter, both in analysing the effects that the law applies to the contribution in trust, and in assessing the trustee’s obligations and the rights of the beneficiaries or third parties.
Sommario: § 1. Premesse introduttive – § 2. Il rapporto giuridico tra atto istitutivo e atto di trasferimento iniziale o successivo dei beni in trust – § 3. La disciplina normativa applicata all’atto di trasferimento dei beni nei trust inter vivos – § 4. Segue: atti inter vivos aventi natura liberale – § 5. Segue: atti inter vivos aventi natura onerosa – § 6. Segue: atti inter vivos aventi natura liberale oppure oneroso? – § 7. La disciplina normativa applicata all’atto di trasferimento dei beni nei trust mortis causa – § 8. Conclusione
§ 1. Premesse introduttive
Il trust è uno strumento giuridico che può assumere molteplici configurazioni a seconda degli elementi che lo caratterizzano.
Tra questi, riveste rilevanza centrale l’atto di trasferimento dei beni in trust attraverso il quale si configura il passaggio di proprietà dal disponente al trustee (denominato anche atto di apporto, conferimento, disposizione o dotazione).1 La Convenzione de L’Aja del 1985 non disciplina espressamente l’atto di apporto dei beni in trust, ma all’art. 15, lett. d), stabilisce che nel caso di trasferimento inter vivos o mortis causa di proprietà in trust, si applichino le ordinarie norme di conflitto previste dal diritto internazionale privato. Pertanto, l’individuazione della natura giuridica, e dunque della disciplina normativa applicabile all’atto di trasferimento dei beni in trust, riveste un ruolo cruciale per stabilire la normativa interna di riferimento.2 Ciò consente di valutarne a priori le diverse implicazioni giuridiche che derivano dall’atto di trasferimento, garantendo coerenza e conformità interpretativa. 3
§ 2. Il rapporto giuridico tra atto istitutivo e atto di trasferimento iniziale o successivo dei beni in trust
La configurazione del rapporto tra atto istitutivo ed atto di trasferimento di un bene in trust si basa sulla fondamentale distinzione tra il primo, che conferisce al trust la sua esistenza giuridica, ed il secondo, che trova legittimità e giustificazione nell’atto istitutivo ed è necessario ai fini dell’efficacia del trust.
La dotazione iniziale in sede di istituzione è indispensabile affinché un trust possa essere validamente istituito e dare efficacia all’istituto.4 L’art. 2 della Convenzione prevede espressamente che per “trust si intendono i rapporti giuridici istituiti […] qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee […]”.
Dunque in sede di istituzione è necessario il contestuale trasferimento di uno o più beni o diritti. Al contrario, gli apporti successivi sono atti eventuali che, sebbene autonomi, devono sempre rispettare i limiti e le condizioni stabiliti dall’atto istitutivo dal quale dipendono.
Il rapporto tra l’atto istitutivo e gli atti di trasferimento successivi è caratterizzato da una relazione complessa di autonomia ed individualità ma, allo stesso tempo, anche di dipendenza e collegamento negoziale, in quanto atti volti alla realizzazione di uno scopo comune.5 Di conseguenza, se l’atto di dotazione iniziale del trust risulta viziato o privo di effetti, anche l’atto istitutivo perderà efficacia.6
Nel diverso caso in cui l’atto istitutivo risultasse invalido ed inefficace, l’atto di apporto successivo potrà essere qualificato come:
(i) invalido e inefficace qualora atto autonomo ma non indipendente ed inscindibilmente legato alla validità giuridica e all’efficacia dell’atto istitutivo;
(ii) valido ed efficace qualora atto autonomo ed indipendente dotato di tutti gli elementi necessari all’istituzione del trust e dunque potenzialmente riqualificabile esso stesso in atto istitutivo e di contestuale dotazione. Le peculiarità dell’atto di trasferimento in trust (autonomo ed indipendente ma allo stesso tempo collegato all’atto istitutivo), fanno sì che l’attività di qualificazione giuridica e la conseguente determinazione della disciplina applicabile risulti particolarmente complessa.
Ciò comporta la necessità di un’analisi approfondita ed effettuata caso per caso, in base ad una verifica in concreto sulla base di una serie di elementi, sia formali sia sostanziali, che coinvolgono integralmente lo strumento giuridico (i.e.: verifica della causa in concreto del trustee dell’atto di dotazione,7 la meritevolezza degli interessi perseguiti,8 la validità e l’efficacia, la legge regolatrice, la verifica delle previsioni dell’atto istitutivo relative all’apporto di beni o diritto in trust, la gestione ed impiego da parte del trustee, al diritto dei beneficiari su di essi … etc.).
§ 3. La disciplina normativa applicata all’atto di trasferimento dei beni nei trust inter vivos
L’atto di trasferimento tra vivi di un bene o diritto in trust è qualificato come un atto unilaterale recettizio, avente contenuto patrimoniale il cui effetto si perfeziona dal momento in cui il trustee ne viene a conoscenza.9
L’atto di apporto è generalmente a forma libera10 (fatto salvo quanto previsto dall’art. 1350 cod. civ.), non “solenne” (non applicazione dall’art. 782 cod. civ.) e non mutua la propria natura a seconda che esso avvenga in sede di istituzione del trust ovvero successivamente.
La nostra legge non disciplina autonomamente gli atti unilaterali, rendendo quindi necessario far riferimento al disposto dell’art. 1324 cod. civ., il quale prevede l’applicazione delle norme che regolano i contratti a tutti gli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale. Ciò comporta – tra l’altro – la piena libertà ed autonomia negoziale del disponente di determinare ai sensi dell’art. 1322 cod. civ. sia la forma sia il contenuto dell’atto di apporto di beni in trust.
Ne consegue che la qualificazione della natura giuridica dell’atto unilaterale inter vivos dovrà essere effettuata in base alla disciplina dei contratti, assumendo così particolare rilevanza l’analisi degli elementi essenziali dell’atto ex art. 1325 cod. civ. ai fini dell’individuazione della normativa applicabile. Relativamente alla categoria degli atti inter vivos, nel prosieguo si provvederà alla suddivisione degli atti di trasferimento in due sotto-categorie principali, quella degli atti aventi natura c.d. liberale (i); e quella degli atti aventi natura c.d. onerosa (ii).
Prima di passare all’esame delle due sotto-categorie, è necessario precisare che relativamente ai trust tra vivi, non sembrano riscontrarsi sostanziali differenze tra i trust che durano oltre la vita del disponente (trust successori o “trust inter vivos”, con effetti “post mortem”) ovvero i trust che terminino con il decesso del disponente.
Ciò in quanto in entrambi i trust inter vivos gli effetti sul piano beneficiario sono prodotti solo dopo la morte del disponente, con la conseguenza che tutti i beni apportati in trust non fanno parte del patrimonio ereditario. In ambedue le tipologie di trust, la morte del disponente non è la causa giustificativa del negozio di trust e della trasmissione patrimoniale ai beneficiari, ma è il momento nel
quale detta trasmissione avviene. 11
§ 4. Segue: atti inter vivos aventi natura liberale
I trust liberali sono trust solitamente discrezionali istituiti inter vivos a titolo gratuito dal disponente, per finalità di pianificazione patrimoniale e successoria personale o familiare, normalmente aventi una durata oltre la vita del disponente.12
Gli atti di trasferimento di beni da parte del disponente in un trust liberale sono negozi giuridici unilaterali, a forma libera, eseguiti inter vivos con animus liberale e finalità meramente strumentale allo scopo segregativo-devolutivo dei beni a favore dei terzi beneficiari.
La giurisprudenza oramai consolidata (Cass. civ., 17 febbraio 2023, n. 5073 e Cass. civ., 12 luglio 2019 n. 18831) qualifica l’istituto del trust liberale come donazione indiretta ex art. 809 cod. civ., in considerazione del fatto che l’arricchimento dei beneficiari finali viene realizzato tramite un meccanismo indiretto che si sostanzia nel trasferimento, da parte del disponente al trustee, della proprietà dei beni in trust con obbligo del trustee di trasferirli ai beneficiari finali (i.e. donazione attuata indirettamente in ragione della realizzazione indiretta della causa donandi). Tale meccanismo “indiretto” o “atipico” ex art. 809 cod. civ. di trasferimento gratuito dei beni dal disponente ai beneficiari del trust prevede due differenti negozi giuridici.
Il primo negozio è quello di apporto di beni in trust, con il quale il disponente trasferisce gratuitamente i beni intestandone la proprietà al trustee al fine di porli sotto la sua gestione in forza di un mandato gestorio fiduciario che ne prevede la destinazione aibeneficiari. Questo negozio è un negozio-mezzo funzionalmente collegato e finalizzato al raggiungimento di uno scopo comune: l’assegnazione dei beni in trust ai beneficiari finali (negozio-fine).
Il secondo negozio è quello di assegnazione dei beni in trust da parte del trustee ai beneficiari finali mediante il quale si concretizza la donazione indiretta.13
L’atto di apporto dei beni in un trust liberale configura dunque una liberalità non donativa ma attributiva a scopo segregativo e gestorio, intesa come negozio-mezzo non comportante un arricchimento in proprio del trustee (vedasi supra § 4), e dunque, non potrà essere qualificato né come donazione diretta né come una donazione diretta ad esecuzione indiretta.14
Il collegamento negoziale15 tra i negozi giudici determina l’applicabilità al negoziomezzo della disciplina giuridica applicabile al negozio-fine, e dunque, della disciplina relativa alle liberalità non donative di cui all’art. 809 cod. civ. con conseguente applicazione della collazione (art. 737 cod. civ.), della riduzione per la reintegra della quota dei legittimari (art. 533 cod. civ.), della revocabilità (art. 2901 e 2929-bis cod. civ.) e non applicabilità delle disposizioni previste in ambito di donazione diretta (es. onere della forma di cui all’art. 782 cod. civ.).16
§ 5. Segue: atti inter vivos aventi natura onerosa
I trust onerosi sono trust solitamente non discrezionali e normalmente istituiti inter vivos dal disponente con animus solvendi, dunque, con la volontà di istituire il trust ed apportarvi i relativi beni per finalità non liberali ma onerose, per far fronte ad un’obbligazione e dunque conseguire una controprestazione patrimoniale ovvero per adempiere ad un obbligo giuridico.
Sono trust onerosi, ad esempio, il trust di garanzia ovvero il trust liquidatorio, trust istituiti dal debitore affinché il trustee – terzo indipendente – provveda all’amministrazione di un patrimonio per il soddisfacimento del credito avanzato da parte dei beneficiari.
In questi casi l’arricchimento dei beneficiari finali avviene per il tramite del negozio gestorio del trust, a titolo solutorio o con funzione corrispettiva.17
Deve dunque ritenersi esclusa la liberalità del negozio attributivo finale, con applicazione della disciplina giuridica relativa all’atto di distribuzione finale (es. per il trust liquidatorio la disciplina sulla tutela del diritto di credito, in caso di trust di garanzia la disciplina relativa alle garanzie, etc.) ed inapplicabilità della disciplina prevista dall’art. 809 cod. civ. per le donazioni indirette.
Nei trust onerosi la qualificazione giuridica dell’atto di apporto dei beni in trust appare più complessa.
Rimanendo sullo schema del collegamento negoziale, in questo caso il negozio-fine è identificabile con la finalità del trust oneroso (i.e. prestazione di garanzia o liquidazione) mentre, il negozio-mezzo – in considerazione del diritto del beneficiario sui beni e la limitata discrezionalità del trustee nella devoluzione ai beneficiari18 – parrebbe potersi qualificare come un negozio a favore di terzo ex art. 1411 cod. civ., con medesima causa solutoria o di natura corrispettiva del negozio-fine, con applicazione della relativa disciplina giuridica e dei rimedi previsti per gli atti onerosi.19
§ 6. Segue: atti inter vivos aventi natura liberale oppure oneroso?
Esistono delle categorie “intermedie” di trust per le quali è necessaria un’approfondita analisi in concreto per poterne determinare la qualificazione giuridica dell’atto apporto di beni. Ad esempio, poniamo un trust di famiglia istituito nel contesto di un procedimento di separazione e divorzio.
In questo caso il trust istituito da un coniuge con lo scopo di garantire il mantenimento stabile dei figli beneficiari, ai sensi dell’art. 143 cod. civ. non può essere considerato “trust oneroso”, istituito per adempiere a un obbligo giuridico.
Ciò è stato chiarito dalla giurisprudenza, in particolare (Cass., 6 ottobre 2023, n. 28146, Cass., 4 aprile 2019, n. 9320 e Cass., 3 agosto 2017, n. 19376, da ultimo, App. Firenze, 11 dicembre 2024, n. 2061), secondo cui l’istituzione di un trust familiare non costituisce di per sé l’adempimento di un dovere giuridico o morale, in quanto non è richiesta obbligatoriamente dalla legge.
Di conseguenza, agli atti di trasferimento dei beni in trust si applicheranno le disposizioni previste in base alla qualificazione giuridica della liberalità non donativa art. 809 cod. civ. con applicazione della relativa disciplina normativa e dei conseguenti rimedi giuridici.
Al contrario, si pensi al caso del trust istituito a favore del figlio maggiorenne n indipendente economicamente oppure di un figlio portatore di handicap su disposizio del Tribunale ai sensi dell’art. 337- septies cod. civ.
In questo caso il trust si potrebbe ritenere istituito per adempiere ad un obbligo giuridico e dunque essere il trust qualificato come “trust oneroso”, con contestuale inapplicabili delle disposizioni in tema di gratuità degli atti di apporto in trust e di trasferimento a favore dei beneficiar 20
§ 7. La disciplina normativa applicata all’atto di trasferimento dei beni nei trust mortis causa
I trust testamentari sono trust istituiti mortis causa dal disponente ed aventi come finalità la devoluzione ereditaria del patrimonio del de cuiu È il testamento stesso che funge da atto istitutivo del trust oltre che atto di apporto dei relativi beni ereditari, che vengono trasferiti al trustee a titolo di erede ovvero di legatario (ritenendosi di difficile accoglimento una diversa qualificazione giur dell’intero istituto in base a categorie del tutto residuali del diritto successorio, malamente applicabili alla realtà ed all’operatività concreta del trustee). 21
Il trasferimento dei beni nei trust mortis causa deve qualificarsi giuridicamente come at avente natura ereditario-successoria essendo l’apporto in trust effettuato mediante testamento con conseguente applicazione della disciplina relativa alla materia successoria di cui ai titoli dal I al IV del Libro II “Delle successioni” del codice civile. All’apporto testamentario dovrà dunque applicarsi la disciplina sulla successione necessaria di cui agli artt. 536 ss. cod. civ., 22 oltre che gli istituti di riequilibrio dei diritti tra gli eredi tipici della materia successoria come la collazione ex art. 737 cod. civ. e la riduzione ex art. 553 cod. civ., oltre che la rappresentazione ex art. 467 cod. civ., l’accrescimento ex art. 674 cod. civ. e la prelazione ereditaria ex art. 732 cod. civ. sull’eventuale vendita dei beni ereditari e tutte le norme relative alla validità del testamento ex art. 587 ss. cod. civ. 23 Sebbene non strettamente oggetto di questa analisi, la derivazione successoria dei beni in trust rende di difficile inquadramento la qualificazione normativa delle distribuzioni successive effettuate con atti inter vivos dal trustee – erede o legatario – ai beneficiari finali che ricevono le distribuzioni da parte del trustee con atti inter vivo
Ad esempio, tali distribuzioni sembrerebbero poter essere qualificabili in modo difforme in considerazione della tipologia di trust testamentario:
(i) trust discrezionale ovvero
(ii) trust non discrezionale.
In particolare, in questo secondo caso le distribuzioni sembrerebbero potersi qualifica come attribuzioni eseguite in adempimento di un onere (o modus) di cui agli artt. 647 e 671 cod. civ. in considerazione del diritto dei beneficiari a percepire i beni, con contestuale obbligo del trustee ad adempiervi ex art. 1173 cod. civ. e diritto dei beneficia a pretenderla ex art. 648, comma 1. cod. civ.
In questa ipotesi il trasferimento dal trustee ai beneficiari finali deve considerarsi mortis causa avendo la morte del disponente rilevanza causale rispetto alla devoluzione ai beneficiari dei beni in trust di derivazione ereditaria. 24
Ciò determina l’applicazione della conseguente disciplina civilistica ed anche fiscale con significative e differenti implicazioni.
§ 8. Conclusione
La qualificazione relativa alla natura giuridica dell’atto di trasferimento di beni in trust riveste un ruolo cruciale per determinarne la disciplina applicabile e le implicazioni che ne derivano.
Essa dipende innanzitutto dalla loro qualificazione come atti inter vivos o mortis causa con la conseguente applicazione della normativa civilistica-contrattuale nel primo caso e di quella successoria-ereditaria nel secondo. In particolare, agli atti di trasferimento dei beni inter vivos, trattandosi di atti unilaterali recettizi a contenuto patrimoniale, si applica la disciplina sui contratti ai sensi dell’art. 1324 cod. civ. A tali atti, qualificandosi negozi-mezzo rispetto all’atto di distribuzione dei beni ai beneficiari finali (negozio-fine), deve ritenersi dunque applicabile la discipina giuridica applicabile ai secondi.
Così nel caso di trust inter vivos c.d. “liberali”, agli atti di apporto si applica la normativa relativa alle donazioni non liberali di cui all’art. 809 cod. civ.
Nel caso di trust inter vivos c.d. “onerosi”, vista la causa solvendi del negozio, agli atti di apporto deve intendersi applicabile la normativa giuridica connessa al negozio-fine.
Per quanto riguarda invece gli atti di trasferimento mortis causa, la disciplina segue le regole del diritto successorio-ereditario, con applicazione dei relativi istituti giuridici.
La diversa qualificazione giuridica dell’atto di apporto in trust ha significativi risvolti pratici come. Ciò avviene, ad esempio, nel caso della diversa qualificazione, contrattua (nel caso di trust inter vivos) ovvero successoria (nel caso di trust mortis causa), dei beneficiari del trust individuati come “eredi legittimi”. In tal caso emergono rilevante differenze tra i due modelli qualificatori 25
In conclusione, la qualificazione della natura giuridica dell’atto di trasferimento di beni in trust è essenziale per definirne l’applicazione della disciplina normativa (civilistica, successoria o di settore) nonché per determinare gli effetti del trust sui rapporti patrimoniali e sui diritti dei beneficiari ed infine per individuare i rimedi giuridici esperibili nei confronti di tale atto.