1. Introduzione

Il comma 2-bis dell’art. 16 del D.Lgs. 231/2007 (decreto antiriciclaggio) introduce un divieto chiaro: gli intermediari bancari e finanziari non possono escludere a priori intere categorie di clienti dall’accesso a servizi come il conto corrente, basandosi solo su generiche valutazioni di alto rischio di riciclaggio o finanziamento al terrorismo.

In pratica, banche e intermediari non possono rifiutare di aprire un conto corrente o un rapporto con una società fiduciaria  un  trustee o un trust in quanto astrattamente considerati soggetti più “a rischio” riciclaggio  unicamente in ragione di tale rischio potenziale elevato, senza un’analisi specifica del caso concreto.

Questa norma è stata introdotta per contrastare il fenomeno del “de-risking” indiscriminato, comune tra gli intermediari bancari, ossia la prassi di alcune banche di evitare intere categorie di clienti ritenuti rischiosi in modo generalizzato.

 

  1. L’introduzione dell’art. 16 comma 2-bis del D.Lgs. 231/2007

Il testo ufficiale del comma 2-bis dell’art. 16 D.Lgs. 231/2007, vigente, stabilisce:

“I soggetti obbligati assicurano che le procedure adottate ai sensi del presente articolo non escludano, in via preventiva e generalizzata, determinate categorie di soggetti dall’offerta di prodotti e servizi esclusivamente in ragione della loro potenziale elevata esposizione al rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo”​.

Questa disposizione è stata introdotta nel D.Lgs. 231/2007  dal D.L. del 10/08/2023 n. 104, ed in particolare dall’art. 12 bis.

 

  1. Il principio di non discriminazione

La norma  di legge impone alle banche di configurare le proprie procedure antiriciclaggio in modo da non precludere automaticamente l’accesso ai servizi finanziari a intere categorie (ad esempio società fiduciarie, trust) solo perché astrattamente considerate ad alto rischio.

Tale obbligo è aderente al principio di non discriminazione che trova fondamento sia nella Costituzione Italiana (art. 3 Cost.), che vieta discriminazioni basate su condizioni personali e sociali, sia nella normativa europea (art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Direttiva 2014/92/UE sul conto corrente di base, etc.), che impone parità di trattamento nell’accesso ai servizi economici fondamentali.

La modifica normativa in oggetto concretizza questo principio in ambito finanziario, impedendo comportamenti discriminatori nei confronti di intere categorie di soggetti basati esclusivamente su presunti rischi associati genericamente alla loro tipologia societaria o attività economica.

In altri termini, le banche devono trattare ciascun Cliente sulla base di circostanze concrete, evitando pregiudizi legati esclusivamente alla forma giuridica o all’attività svolta.

 

  1. L’obbligo di verifica in concreto delle qualità soggettive del Cliente

Con lo stesso intervento normativo (D.L. n. 104/2023) è stato modificato anche l’art. 17, comma 3, D.Lgs. 231/2007 per prevedere che le misure di adeguata verifica della clientela si basino su informazioni aggiornate derivanti dal controllo costante del rapporto​.

Ciò rafforza il principio secondo cui la valutazione del rischio deve essere necessariamente concreta e dinamica, fondata sulle caratteristiche effettive del cliente anziché su generici preconcetti legati alla categoria di appartenenza.

 

  1. Finalità e contesto: contrastare il “de-risking” generalizzato

Le istituzioni hanno chiarito nelle loro relazioni ufficiali che la finalità del comma 2-bis è arginare il de-risking indiscriminato e favorire l’inclusione finanziaria.

Nella “Relazione al Parlamento Anno 2023” del Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF) – organo interministeriale presieduto dal MEF – si evidenzia che le nuove norme mirano a contrastare “il fenomeno del de-risking, ossia la pratica di rifiutare o interrompere rapporti con singoli clienti o intere categorie di clienti ritenuti ad alto rischio”, pratica “più volte stigmatizzata nel dibattito nazionale e internazionale”​.

Il CSF sottolinea come tali chiusure/rifiuti “ostacolano l’accesso [di questi soggetti] a prodotti e servizi finanziari di base, […] essenziale per la partecipazione alla vita economica e sociale”, spingendoli verso canali alternativi non tracciati, con pregiudizio per l’efficacia dei controlli AML/CFT.

Questa posizione mette in luce una preoccupazione condivisa a livello istituzionale: il rischio che un eccesso di zelo antiriciclaggio sfoci in esclusione finanziaria di soggetti legittimi, vanificando in parte gli stessi obiettivi di prevenzione (poiché transazioni spostate fuori dal circuito regolato diventano meno controllabili).

In termini di ambito soggettivo, la norma non elenca categorie specifiche, ma è nata sulla scia di casi concreti riguardanti società fiduciarie e trust (oltre ad altri settori).

Nel dibattito degli ultimi anni, associazioni di categoria avevano denunciato che molte banche rifiutavano di aprire conti alle società fiduciarie o ai trust ovvero chiudevano conti esistenti senza motivazioni specifiche, adducendo generici profili di rischio.

Ad esempio, Assofiduciaria – l’associazione italiana delle fiduciarie – ha segnalato ripetute “difficoltà nell’apertura di conti correnti [e] chiusure di rapporti” per le fiduciarie, rivolgendosi a Banca d’Italia per trovare una soluzione condivisa.

 

  1. La rilevanza giuridica dell’art. 16 comma 2-bis del D.Lgs. 231/2007

Dal punto di vista normativo, il comma 2-bis stabilisce oggi un chiaro obbligo per banche e intermediari finanziari: è vietata l’applicazione di politiche di rifiuto generalizzato verso determinate categorie di clienti, imponendo invece la gestione del rischio con misure proporzionate e specifiche.

La banca che non si conforma sarà chiamata a rispondere del proprio inadempimento di fronte l’autorità vigilante e sarà chiamata  a rispondere dei danni eventualmente cagionati al soggetto richiedente.

 

  1. Cosa ne pensa l’autorità di vigilanza?

Banca d’Italia, in qualità di autorità di vigilanza del settore bancario, ha recepito il principio anti-de-risking nelle proprie disposizioni e comunicazioni agli intermediari.

In particolare, dopo l’entrata in vigore della nuova norma, Banca d’Italia ha integrato gli Orientamenti EBA sul de-risking nel quadro regolamentare nazionale, emanando a marzo 2024 apposite comunicazioni (Note n. 34 e 35 del 3/10/2023) estese a tutti gli intermediari vigilati, compresi quelli non bancari ex art. 106 TUB.

Con queste iniziative, Banca d’Italia ha chiarito definitivamente il proprio orientamento: la gestione del rischio antiriciclaggio deve essere calibrata sul singolo cliente, evitando esclusioni preventive di intere categorie..

 

  1. Conclusioni

Dall’analisi delle fonti istituzionali emerge il principio secondo il quale a lotta al riciclaggio deve procedere di pari passo con la tutela del rispetto del principio di uguaglianza e non discriminazione delle società fiduciarie e dei trust.

Il comma 2-bis dell’art.16 D.Lgs. 231/2007 è chiaro: non è più ammessa la precedente prassi bancaria di “chiusura generalizzata delle porte” verso fiduciarie, trust e altre categorie simili.

Il sistema bancario deve oggi fondare le proprie valutazioni sul rischio concreto e documentato, abbandonando definitivamente ogni approccio basato su preconcetti generalizzati.