Per porre rimedio all’attuale vuoto normativo, Il legislatore nel 2023 ha previsto una serie di disposizioni tese a regolarizzare e regolamentare il trattamento degli asset digitali e le criptovalute.
Il quadro normativo italiano non presenta una definizione univoca di cripto-attività o asset digitali, tant’è che il termine viene utilizzato in contesti eterogenei, vuoi con riferimento alle valute virtuali, che ai token fungibili e non fungibili.
Un primo riferimento espresso da parte di una norma di legge è quello proposto dalla normativa antiriciclaggio (D.Lgs. 231/2007) che all’art. 1, comma 2, lettera qq) definisce la valuta virtuale come “la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
Questo tipo di asset, e, più in generale, tutti i fenomeni legati alle blockchain, hanno avuto negli ultimi anni un fortissimo incremento, con lo sviluppo di prodotti sempre più innovativi e sofisticati.
Per questo motivo sia gli ordinamenti nazionali che quelli sovranazionali come l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) o l’ABE (Autorità Bancaria Europea) sono intervenuti con regolamenti volti perlopiù a definire gli obblighi connessi al monitoraggio fiscale, allo scambio di informazioni e all’antiriciclaggio.
Ai fini fiscali, vista la mancanza di norme specifiche sul fenomeno generale dei cryptoasset, solo alcuni dei fenomeni potenzialmente idonei ad assumere rilevanza fiscale sono stati oggetto di riflessione da parte dell’amministrazione finanziaria attraverso documenti di prassi più o meno recenti.
I temi trattati hanno riguardato quasi esclusivamente passaggi “crypto to crypto” e staking di criptovalute con una sostanziale conducibilità dei fenomeni da criptovaluta alle disposizioni dettate in tema di valute estere.
Per porre rimedio all’attuale vuoto normativo, il legislatore, con l’attuale disegno di legge di bilancio 2023, ha previsto una serie di disposizioni tese a regolamentare il trattamento degli asset digitali sotto diversi profili come il monitoraggio fiscale, l’applicazione delle imposte sostitutive, delle imposte di bollo e sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) nonché sulla tassazione ai fini IRPEF.
Inoltre, per agevolare il contribuente viste le attuali incertezze di carattere normativo, è stata introdotta la possibilità di affrancamento delle cripto-attività, con riferimento al valore normale alla data del primo gennaio 2023, tramite versamento di un’imposta sostitutiva del 14% che consentirebbe una regolarizzazione della posizione del contribuente per i periodi d’imposta pregressi.
Ancora, il DDL di Bilancio 2023 attualmente in bozza, definisce il perimetro per un’altra categoria autonoma di redditi diversi, aggiungendo, dopo la lettera c-quinquies) dell’articolo 67 del Tuir, la lettera c-sexies), nella quale vengono incluse le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso, permuta, rimborso o detenzione delle cripto-attività, superiori a 2mila euro, in ciascun periodo di imposta (le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominata, archiviata o negoziata elettronicamente su tecnologie di registri distribuiti o tecnologie equivalenti, non inferiori complessivamente a euro [2.000] nel periodo d’imposta. Ai fini di tale disposizione non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi medesime caratteristiche e funzioni).
Viene quindi stabilita espressamente la rilevanza impositiva di tali redditi, diversamente dall’approccio dell’Agenzia, che, dalla risoluzione 72/E del 2016, li riconduce “a forza” tra i proventi realizzati mediante le cessioni di valute estere ex articolo 67, comma 1-ter.
Sembrerebbe quindi che il legislatore abbia preso atto della definizione legale di cripto-attività così come riportata nella normativa antiriciclaggio (art. 1, Dlgs 231/2007), in base alla quale le valute in blockchain non sono assimilabili alle monete aventi corso legale (FIAT) in quanto non emesse o garantite da un Banca centrale o da uno Stato.
In base alla lettura della relazione illustrativa, a proposito della permuta tra cripto-attività aventi medesime caratteristiche e funzioni, si specifica che “non assume rilevanza lo scambio tra valute virtuali, mentre assume rilevanza fiscale l’utilizzo di una cripto-attività per l’acquisto di un bene o un servizio o di una altra tipologia di cripto-attività (ad esempio, l’utilizzo di una crypto currency per acquistare un non fungible token) o la conversione di una currency in euro o in valuta estera”
In sostanza, sembrerebbe che, in base al DDL di Bilancio, solo il passaggio in valuta FIAT di una valuta virtuale costituirà materia tassabile.
Il legislatore prevede poi una procedura di regolarizzazione che consentirebbe ai contribuenti di “sanare” le proprie posizioni nei confronti dell’amministrazione finanziaria fino al 31/12/2021 tramite l’invio di una dichiarazione integrativa e l’assolvimento di un’imposta sostitutiva dei redditi realizzati fino a quel momento, pari al 3,5% del valore delle attività emerse, compresa una sanzione dello 0.5% per gli adempimenti relativi al monitoraggio fiscale (quadro RW), ferma restando, in capo al contribuente, la dimostrazione della liceità della provenienza delle somme investite.
Per concludere, ad una prima analisi critica, ci si domanda se la rilevanza di effetti in anni precedenti, derivanti da una normativa ancora in corso di attuazione, non possa essere oggetto di contestazione in virtù dei principi di tassatività e irretroattività delle norme tributarie.
Ciò, anche in considerazione del fatto che fino ad ora i proventi da criptovalute sarebbero stati equiparati a quelli derivanti da valute estere tradizionali e quindi ricondotti a delle norme che, a seguito delle nuove disposizioni, non saranno più applicabili.