Corte di Cassazione, Sezione V, Sentenza del 17 febbraio 2022, n. 5275
Massima
“Il risarcimento del danno conseguente alla cessione di azioni a prezzo vile, a causa della condotta degli altri soci connotata da abuso di maggioranza, in violazione dell’art. 1375 c.c., come accertata dal giudice civile con sentenza definitiva, può costituire plusvalenza ai sensi degli artt. 67 e 68 T.U.I.R., assoggettabile a tassazione, esclusivamente nell’ipotesi in cui tale cessione, a prescindere dalla situazione soggettiva del disponente, in termini di volontarietà o meno del compimento dell’atto, sia qualificabile come lucro cessante e, quindi, come voce sostitutiva di reddito, restando invece esente in caso di configurabilità del risarcimento come mero danno emergente.”
Secondo la Cassazione n. 5275/2022 la qualificazione del risarcimento dei danni, da intendersi o come ristoro del valore del bene perduto (danno emergente), oppure come risarcimento di “quella parte del valore della sua partecipazione che eccede il prezzo corrisposto ” (quindi lucro cessante, in quanto sostitutivo di reddito) è di primaria importanza per verificare l’assoggettamento a tassazione dei proventi risarcitori, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986 art. 6, deve tenersi conto della natura del ristoro, se costituente danno emergente o lucro cessante; si riconosce valenza reddituale soltanto ai proventi attribuiti a titolo di lucro cessante. ù
E’ necessario, quindi, individuare la funzione di ogni attribuzione patrimoniale, per verificare se è stata concessa per risarcire un danno o reintegrare un reddito.
Secondo la Cassazione, il panorama legislativo e giurisprudenziale di riferimento, soprattutto, in ordine alla nozione tributaria dei concetti di “danno emergente” e “lucro cessante“, premettendo che il diritto tributario segue una propria e specifica logica impositiva, di carattere meramente oggettivo, nella individuazione dei fenomeni da scrutinare, che si discosta dalle corrispondenti nozioni civilistiche.
Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, prevede che “i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti dell’invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti“.
Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. c), dispone che “sono redditi diversi…c) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate“.
Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68, comma 3, poi, prevede che “ le plusvalenze di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. c, (…) per il 40 per cento del loro ammontare, sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze“.
Ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68, comma 6, “le plusvalenze indicate nelle lettere c) (…) del comma 1 dell’art. 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito (…) e il costo o il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione“.
La Corte di Cassazione specifica a tal proposito che la normativa tributaria, diversamente da quella civilistica, prende in considerazione i compensi risarcitori in relazione alla loro “specifica destinazione funzionale”, dovendosi, quindi, distinguere tra i compensi volti alla mera reintegrazione dell’originaria situazione patrimoniale del danneggiato lesa dall’inadempimento imputabile (che, non potendosi considerare in alcun modo reddito, sono insuscettibili di tassazione – danno emergente -) e quelli, invece, destinati a sostituire i redditi non prodotti o perduti dal danneggiato in conseguenza del predetto inadempimento (lucro cessante), i quali, per la loro natura di risarcimento in funzione surrogatoria del reddito imponibile, vanno sottoposti a tassazione (Cass., sez. 5, 30/11/2011, n. 25499).
Dunque, le somme percepite da un contribuente a titolo risarcitorio, sono soggette a tassazione solo se, e nei limiti in cui risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (lucro cessante), mentre non sono assoggettabili a tassazione i risarcimenti intesi a riparare un pregiudizio di natura diversa (danno emergente).