L’OECD ha pubblicato il rapporto “Improving Co-operation Between Tax and Anti-Money Laundering Authorities”, con il quale analizza i rapporti tra Amministrazioni fiscali e Autorità antiriciclaggio e l’utilizzo, anche in ambito amministrativo, delle segnalazioni di operazioni sospette. La tesi centrale del rapporto è quella secondo cui i dati contenuti nelle SOS dovrebbero essere quanto più condivisi tra le due Amministrazioni, con l’obiettivo essenziale di rendere accessibili a quella fiscale le informazioni per il contrasto all’evasione. Il documento nasce dalle informazioni raccolte in 28 Stati (tra cui l’Italia), la maggior parte dei quali ha già forme di accesso ai dati in questione anche per svolgere le procedure di accertamento tributario. Tuttavia (ed è questa, di fatto, la raccomandazione dell’OECD ai vari Stati membri), al di là di un framework legislativo che consenta alle Amministrazioni fiscali l’accesso alle SOS, in molti casi difetta un approccio pratico di condivisione di tali informazioni (nel rapporto si parla di “conceptual/operational barriers”). L’OECD identifica tre modelli di accesso ai dati delle SOS da parte delle Amministrazioni fiscali.

  • 1. Il primo, denominato “unfettered access model”, l’Autorità antiriciclaggio e le Amministrazioni fiscali hanno pieno accesso alle segnalazioni e ciascuna di esse può adottare decisioni indipendenti per la valutazione dei dati da utilizzare e del loro uso; trattasi di un modello che garantisce la massima flessibilità nell’utilizzo dei dati, ma che sconterebbe – sempre ad avviso dell’OECD – i difetti correlati a possibili conflitti tra le Amministrazioni e ad infrastrutture informatiche che generalmente sono progettate per l’utilizzo da parte di una sola Amministrazione, e non di una pluralità di enti.
  • 2. Il secondo modello, denominato “joint decision-making model”, prevede una decisione condivisa sulle informazioni desunte ai fini antiriciclaggio in termini di chi deve usare le stesse e a che fini; l’obiettivo può essere raggiunto con un distacco di personale dell’Amministrazione finanziaria presso l’Autorità antiriciclaggio o con regolari incontri.
  • 3. Il terzo e ultimo modello prevede, invece, che la decisione in merito alla condivisione dei dati delle segnalazioni di operazioni sospette sia rimessa esclusivamente all’Autorità antiriciclaggio; è questo il sistema che più ricade sotto le critiche dell’OECD, in quanto spesso si ritiene che il personale di tali enti non abbia le sufficienti competenze tecniche per identificare flussi di denaro ai quali corrispondono pratiche evasive e, quindi, il rischio paventato è quello che i dati siano confinati al “solo” contrasto dei reati contro il patrimonio.

Secondo il nuovo rapporto OECD l’acquisizione dei dati relativi alle segnalazioni di operazioni sospette:

  • potrebbe favorire la messa a disposizione di dati (in primis, conti correnti) non noti alle Amministrazioni fiscali;
  • potrebbe consentire alle stesse Amministrazioni l’accesso ad ulteriori dati, riferiti a procedure di accertamento già in corso, da utilizzare nell’ambito delle stesse;
  • in termini più generali, potrebbe essere di aiuto nell’identificazione di posizioni da controllare.

Come già anticipato, il rapporto raccomanda ai diversi Stati di rimuovere le barriere non legislative che impediscono questo scambio di dati, identificando chiari canali di scambio tra le Amministrazioni, e di adottare adeguati strumenti per la formazione del personale, sia dal punto di vista tecnico (al fine di maneggiare gli strumenti informatici che dovrebbero essere utilizzati allo scopo), sia dal punto di vista dalla reciproca conoscenza della materia, necessaria al fine di identificare le informazioni acquisite nell’ambito della disciplina di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo che possono essere utilizzate per il contrasto all’evasione.
Per quanto riguarda la posizione dell’Italia, è realistico attendersi sviluppi che vanno nella direzione prospettata dall’OECD. Premesso che il quadro normativo attualmente vigente (art. 36 comma 6 del D.Lgs. 231/2007) autorizza lo scambio di dati, nello stesso rapporto sull’attività svolta nel 2014, rilasciato il 13 luglio 2015, la UIF ha reso noto di avere raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate che permette l’accesso all’Anagrafe Tributaria e che sono in corso contatti per sviluppare un’attività sinergica nella trattazione delle segnalazioni di operazioni sospette connesse alla procedura della voluntary disclosure; la stessa UIF evidenzia che una più stretta collaborazione con le altre Autorità verrà perseguita quale obiettivo strategico.