Articolo dell’Avv. Leonardo Arienti pubblicato sulla rivista Wealth Planning, Modulo 24, Il Sole 24 Ore, febbraio 2025 

Articolo Consultabile su: https://modulo24wealthplanning.ilsole24ore.com/private/default.aspx?iddoc=43131295#showdoc/43131295/?ref=approfondimenti


Abstract:

L’intestazione fiduciaria di beni immobili ad una società fiduciaria operante ai sensi della L. n. 1966/1939 comporta il trasferimento alla fiduciaria della sola titolarità formale, mentre la proprietà sostanziale rimane in capo al fiduciante. Sebbene tra fiduciante e società fiduciaria non si verifichi alcun trasferimento né di proprietà né di ricchezza, l’Agenzia delle Entrate continua a considerare tale schema contrattuale fiscalmente rilevante ai fini delle imposte indirette. Tuttavia, la posizione dell’Amministrazione finanziaria appare ormai superata alla luce dell’evoluzione interpretativa che negli ultimi anni ha interessato il trust.

 

 Introduzione: la fiducia ed i negozi fiduciari

La “fiducia”, intesa come istituto giuridico, riveste un ruolo di primaria importanza e interesse nel diritto italiano.

Nata in epoca romanica come strumento per il trasferimento di beni o diritti tra due persone nell’ambito di un rapporto personale e fiduciario (la cosiddetta “fiducia cum amico”), tale istituto ha subito nel tempo, e continua a subire, un costante processo di evoluzione.

Nonostante il rilievo pratico dei diversi negozi fiduciari, essi non hanno ancora trovato una disciplina organica all’interno del Codice civile. Paradossalmente, l’assenza di una regolamentazione ha consentito una maggiore flessibilità applicativa, consentendo lo sviluppo di un’ampia e articolata diversificazione dei negozi giuridici riconducibili al concetto di fiducia.

Negli ultimi anni, l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale ha contribuito a una maggiore consapevolezza e stabilizzazione dei negozi fiduciari, delineandone con maggiore chiarezza i tratti distintivi ed i limiti applicativi.[1] Tra questi rientrano istituti quali il “trust”, il “contratto di affidamento fiduciario”, il “mandato fiduciario” ed il “mandato fiduciario con società fiduciaria”, negozi rispetto ai quali la fiducia rimane l’elemento cardine che accomuna il rapporto giuridico sottostante.[2]

Nei paragrafi che seguono sarà approfondito il “mandato fiduciario con società fiduciaria“, un istituto peculiare del nostro ordinamento che, sebbene poco conosciuto, è ampiamente diffuso nella pratica. Istituto oggetto di un continuo processo evolutivo che, con ogni probabilità, porterà a una sua futura regolamentazione organica all’interno del Codice civile.[3]

Dopo un’analisi iniziale degli aspetti civilistici e fiscali del “mandato fiduciario con società fiduciaria”, ne valuteremo la possibile applicazione nell’amministrazione fiduciaria di beni immobili, tracciando un parallelismo con la significativa evoluzione interpretativa, giurisprudenziale e normativa che, negli ultimi anni, ha interessato un altro negozio fiduciario di rilievo: il trust.[4]


L’intestazione fiduciaria di beni a società fiduciaria

Il cosiddetto “mandato fiduciario” rappresenta lo schema negoziale tipico utilizzato dalle società fiduciarie istituzionalmente autorizzate all’esercizio dell’attività di “amministrazione dei beni per conto di terzi” della Legge 23 novembre 1939, n. 1966, attività esclusiva e ad esse normativamente riservata.

Appartenente alla categoria dei negozi fiduciari, il “mandato fiduciario” con società fiduciaria, anche chiamato “mandato di amministrazione fiduciaria” ovvero “mandato di intestazione fiduciaria”, si caratterizza per essere una species senza effetti traslativi del diritto di proprietà rispetto al generico “mandato fiduciario” [5] con effetti traslativi e, dunque, sottoscritto tra due soggetti non autorizzati all’attività fiduciaria tra i quali si concretizza il trasferimento di proprietà tra fiduciante e fiduciario.[6]

Nel “mandato fiduciario con società fiduciaria” il mandante-fiduciante trasferisce alla società fiduciaria un bene in amministrazione con intestazione. In pratica, con tale negozio il fiduciante non trasferisce il diritto di proprietà del bene alla società fiduciaria, ma solo la proprietà formale, risultando così la società fiduciaria intestataria del bene nei confronti dei terzi, ma rimanendo la proprietà sostanziale in capo al fiduciante.[7] Il negozio fiduciario ad esclusivo appannaggio delle società fiduciarie permette dunque la c.d. “scomposizione” o “dissociazione” del diritto di proprietà del bene tra “proprietà formale” che viene trasferita alla società fiduciaria, e “proprietà sostanziale” o reale del bene, che rimane in capo al fiduciante secondo lo schema della c.d. “fiducia germanistica”. [8]

Di conseguenza, la società fiduciaria assume il ruolo di mera interposta-intestataria del bene e, di conseguenza,  tutti i beni che amministra fiduciariamente non costituiscono parte del suo patrimonio.[9]

Le implicazioni giuridiche di tale rapporto contrattuale sono molteplici.

Un esempio è il trasferimento fiduciario di un bene da parte di un fiduciante che successivamente decede:

  1. In caso di negozio fiduciario senza società fiduciaria: si concretizza il trasferimento del diritto di proprietà dal fiduciante al fiduciario. Al decesso il bene risulta dunque nel patrimonio del fiduciario e non potrà ritenersi facente parte del patrimonio ereditario del fiduciante.
  2. Diversamente, nel caso di negozio fiduciario con società fiduciaria: il trasferimento invece non ha effetti traslativi rimanendo il diritto di proprietà del bene in capo al fiduciante, con contestuale caduta in successione del bene che rientrerà nel patrimonio ereditario del de cuius.[10]

Nonostante la disciplina del negozio fiduciario con società fiduciaria sia presente nel nostro ordinamento oramai da oltre ottant’anni, il percorso evolutivo legato alla qualificazione giuridica del suo schema contrattuale tipico è stato alquanto travagliato. Solo di recente, grazie al contributo della letteratura di settore, della giurisprudenza di legittimità e del MIMIT, si è giunti a una qualificazione definitiva.[11]


La fiscalità dell’intestazione fiduciaria di beni a società fiduciaria

Le caratteristiche del negozio fiduciario instaurato con una società fiduciaria, in quanto non determinano il trasferimento del diritto di proprietà dal fiduciante alla fiduciaria e lasciano al fiduciante il pieno potere dispositivo sul bene amministrato (Dm 16 gennaio 1995, art. 5, comma 10, n. 1, lettera c), comportano rilevanti implicazioni anche sotto il profilo fiscale.[12]

Imposte dirette

Per quanto riguarda l’imposizione diretta relativa al bene intestato fiduciariamente, la prevalenza della proprietà effettiva del fiduciante rispetto alla titolarità formale della società fiduciaria, comporta che quest’ultima sia considerata fiscalmente trasparente nei rapporti tra il fiduciante e l’Amministrazione finanziaria.[13]

Il fiduciante, dunque, resta il soggetto passivo d’imposta, nonché il riferimento per la valutazione dei requisiti soggettivi necessari ai fini della determinazione del reddito e dell’applicazione dei relativi regimi fiscali.[14]

Sotto il profilo normativo, il legislatore tributario ha espressamente disciplinato il fenomeno dell’interposizione formale delle società fiduciarie con la Legge 29 dicembre 1962, n. 1745, in tema di ritenuta d’acconto o d’imposta sugli utili distribuiti dalle società.

La prassi è intervenuta in tema di mandato fiduciario prima con la Circolare Ministeriale (Ministero Finanze) del 10/05/1985 n. 16 relativa alle plusvalenze da cessioni di partecipazione, poi l’Agenzia delle Entrate con risoluzioni del 7 dicembre 2006, n. 136/E e del 22 gennaio 2015 n. 9/E.

La giurisprudenza di legittimità tributaria, pur con alcune oscillazioni, ha ormai consolidato l’orientamento secondo cui il fiduciante è l’effettivo proprietario del bene intestato alla società fiduciaria.[15]

Imposte indirette

Per quanto riguarda l’imposizione indiretta, il nostro ordinamento – a differenza di quanto è recentemente avvenuto per il trust – non prevede una specifica disciplina relativa al mandato fiduciario con società fiduciaria.[16]

In tale ambito è però intervenuta la prassi con la (risalente) circolare del 27 marzo 2008, n. 28/E.[17]

Nella circolare l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che con l’espressione “negozio fiduciario” può farsi riferimento a fattispecie tra loro diverse per le quali vige un differente trattamento fiscale e, conseguentemente, l’incarico di amministrazione conferito a una società fiduciaria è stato considerato “non idoneo a realizzare il presupposto della (re)istituita imposta sulle successioni e donazioni, vista l’assenza di un trasferimento di beni o diritti”. [18]

Dunque, il trasferimento di un bene in amministrazione alla società fiduciaria, la cosiddetta “intestazione”, e la sua eventuale “reintestazione” al fiduciante originario non comportano né il trasferimento del diritto di proprietà né, tantomeno, un trasferimento di ricchezza.

Pertanto, tale negozio, in applicazione del principio di capacità contributiva previsto dall’art. 53 Cost., non può essere (o meglio, non dovrebbe essere) considerato idoneo ad integrare un trasferimento rilevante sotto il profilo delle imposte di successione e donazione.

L’assunto è valido per i beni mobili, ma per i beni immobili la questione è differente.


I beni amministrabili fiduciariamente

In assenza di una disciplina normativa che preveda espressamente quali beni o diritti possono essere oggetto di amministrazione fiduciaria deve ritenersi che, in astratto, ogni bene o diritto possa essere passibile di amministrazione fiduciaria con società operante ai sensi della Legge n. 1966/1939.

Mentre è oramai consolidata la possibilità di provvedere all’amministrazione fiduciaria di beni mobili (e diritti) quali partecipazioni sociali, polizze assicurative, opere d’arte, valori mobiliari, conti correnti… etc, l’intestazione fiduciaria di immobili, benché possibile, viene ritenuta dall’Amministrazione finanziaria sempre e comunque rilevante sotto il profilo delle imposte indirette (circolare 27 marzo 2008 n. 28/E).[19]


L’intestazione fiduciaria di beni immobili a società fiduciaria e parallelismo con il trust

Il trasferimento ad una società fiduciaria di beni immobili, benché possibile sotto il profilo civilistico, è ritenuto dall’Agenzia delle Entrate fiscalmente rilevante.

Secondo quanto indicato al paragrafo 4.2 della citata circolare n. 28 del 2008, nel caso di beni immobili, l’Agenzia delle Entrate ritiene che non sia “configurabile la scissione della proprietà formale rispetto alla proprietà sostanziale”, escludendo così la possibilità di adottare lo schema tipico della fiducia germanistica. Ne deriverebbe l’assoggettamento del trasferimento immobiliare all’imposta sulle successioni e donazioni, nonché l’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale (medesima problematica posta in passato per i trust immobiliari che è stata tuttavia da tempo definitivamente superata[20]).

È evidente che l’evoluzione interpretativa e normativa che ha caratterizzato il trust, soprattutto sotto il profilo fiscale,[21] non ha avuto un parallelo sviluppo per il “mandato fiduciario con società fiduciaria”, che resta ancorato a un’interpretazione ormai desueta che non tiene conto del percorso fatto per l’istituto di origine anglosassone.

In particolare, in materia di trust, si è progressivamente giunti alla regolamentazione normativa del principio giuridico secondo cui il trasferimento di beni immobili dal disponente al trustee, pur essendo idoneo a realizzare un effettivo trasferimento del diritto di proprietà, non assume rilevanza sotto il profilo impositivo, poiché non determina un trasferimento di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost.

Tale evoluzione è stata resa possibile grazie all’apporto della giurisprudenza di legittimità,[22] al successivo recepimento da parte della prassi (Circolare 20 ottobre 2022, n. 34/E) e, infine, alla recente introduzione normativa da parte del legislatore con il Dlgs 18 settembre 2024, n. 139.

Dunque, sebbene nel trust si assista ad un vero e proprio trasferimento del diritto di proprietà (ancorché  trattasi di “proprietà destinata”)[23] tra due soggetti giuridici differenti, disponente e trustee, tale trasferimento è comunque considerato fiscalmente non rilevante. Ne consegue la non applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni e l’applicazione in misura fissa dell’imposta ipotecaria e catastale poiché non si assiste ad un reale trasferimento di ricchezza dal disponente al trustee.

A maggior ragione, nel caso di “mandato fiduciario con società fiduciaria” avente ad oggetto un bene immobile, il fiduciante trasferisce alla società fiduciaria esclusivamente la proprietà formale, restando il fiduciante il proprietario sostanziale del bene. Ne deriva che, in questo caso, non si verifica nemmeno un effettivo trasferimento del diritto di proprietà dell’immobile ed, ancor meno, un trasferimento di ricchezza.


Conclusioni

L’istituto del “mandato fiduciario con società fiduciaria” permette di soddisfare esigenze specifiche di riservatezza, amministrazione professionale, pianificazione patrimoniale e successoria del patrimonio, pur in assenza di un trasferimento effettivo di proprietà.

Una peculiarità di tale negozio giuridico è la scomposizione del diritto di proprietà tra proprietà formale (attribuita alla società fiduciaria), e proprietà sostanziale (che resta in capo al fiduciante), secondo la qualificazione c.d. germanistica del negozio fiduciario.

A differenza del trust, il “mandato fiduciario con società fiduciaria” non ha conseguito negli ultimi anni una forte evoluzione interpretativa e qualificatoria, tutt’altro.

Ciò si denota soprattutto con riferimento al profilo fiscale dei trasferimenti di beni immobili.

In tale ambito il trust, dopo diversi anni di oscillazioni, è stato da ultimo qualificato come un istituto giuridico mediante il quale si concretizza il trasferimento di proprietà immobiliare tra disponente e trustee ma, tale trasferimento, è stato ritenuto fiscalmente “neutrale” sotto il profilo delle imposte indirette, in quanto non idoneo a generare un reale arricchimento tra le parti.

Al contrario, l’evoluzione interpretativa relativa al “mandato fiduciario con società fiduciaria” è ferma alla circolare n. 28/E/2008, che ne prevede la tassazione sotto il profilo delle imposte indirette, sebbene con tale negozio giuridico non si verifichi il trasferimento del diritto di proprietà dell’immobile tra fiduciante e società fiduciaria.

Pertanto, la ratio della “neutralità fiscale” ex art. 53 Cost., oramai definitivamente e normativamente consolidata per il trust in ragione dell’assenza di un reale arricchimento, dovrebbe nondimeno ritenersi applicabile anche al “mandato fiduciario di immobile con società fiduciaria”, non verificandosi in tal caso né un trasferimento del diritto di proprietà, né un arricchimento in capo alla società fiduciaria.






[1] Per la letteratura, su tutti: Prof. Maurizio Lupoi e Prof. Michele Graziadei in ambito civilistico e Prof. Thomas Tassani e Prof. Giuseppe Corasaniti in ambito tributario, pe la Giurisprudenza vedasi Cass. S.U., 12 luglio 2019, n. 18831 sulla natura del trust inter vivosCass. S.U., 6 marzo 2020, n. 6459 sul mandato fiduciario senza società fiduciaria e Cass. S.U., 27 aprile 2022, n. 13143 sul mandato fiduciario con società fiduciaria. Per i profili normativi vedasi Legge 16 ottobre 1989, n. 364 di ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e loro riconoscimento, adottata da L’Aja il 1° luglio 1985, la Legge 22 giugno 2016, n. 112 (c.d. dopo di noi).

[2] Per i profili civilistici e fiscali della fiducia e destinazione patrimoniale: AA.VV., “Fiducia e Destinazione Patrimoniale, Percorsi Giuridici a Confronto”, Bologna University Press, 2022, e Thomas Tassani, “La fiducia e il trust nel sistema fiscale italiano”, Studi urbinati di Scienze Giuridiche Politiche ed Economiche, Nuova serie A, 66, 2015, p. 417-424.

[3] È in fase di approdo un progetto di legge delega di riforma della normativa in materia di società fiduciarie e di revisione (Assofiduciaria Comunicazione_2025_017_C).

[4] Per un ulteriore approfondimento sul tema, Leonardo Arienti, Alessandro Accinni, “L’amministrazione di beni immobili con intestazione a società fiduciaria autorizzata”, in Trusts, 2024, p. 302.

[5] Sul patto fiduciario o mandato fiduciario tra due soggetti non autorizzati all’attività delle società fiduciarie vedasi Cass. S.U., 6 marzo 2020, n. 6459.

[6] La Circolare Direttoriale 10/V, 11 agosto 2023 n. 255451/2023 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha definito la “fiducia germanistica” come l’amministrazione di beni (o diritti) di terzi mediante conferimento di mandato fiduciario senza rappresentanza che comporta il trasferimento solo dell’intestazione formale del bene o diritto stesso, ed il potere di compiere in proprio nome, ma per conto del fiduciante gli atti giuridici indicati mediante singole istruzioni scritte. Ciò in contrapposizione alla “fiducia romanistica” definita come trasferimento della proprietà di un bene o diritto, dal fiduciante (che se ne spoglia) al fiduciario.

[7] Lo schema negoziale tipico delle società fiduciarie viene inquadrato nel mandato senza rappresentanza, predisposto in conformità alle disposizioni del Dm 16 gennaio 1995. Tuttavia, esso non coincide completamente con tale istituto, poiché il fiduciante rimane il proprietario dei beni amministrati dalla fiduciaria ed è il soggetto cui va riferita la volontà relativa all’esercizio dei poteri su tali beni.

[8] La Cass. S.U., 27 aprile 2022, n. 13143 che così ha definito l’attività da esse volta: “le società fiduciarie sono dalla legge regolate secondo lo schema invalso sotto il nome di «fiducia germanistica» (…) nella società fiduciaria i fiducianti vanno identificati come gli effettivi proprietari dei beni da loro affidati alla fiduciaria e a questa strumentalmente intestati” in opposizione alla c.d. fiducia romanistica di ordinaria applicazione in caso di “mandato fiduciario” tra due soggetti non autorizzati all’attività delle società fiduciarie.

[9] Cass. 16 settembre 2024, n. 24859 in tema di espropriazione forzata della quota di partecipazione sociale che prevede espressamente “L’espropriazione forzata della quota di società a responsabilità limitata – bene immateriale da equipararsi al bene mobile non iscritto al pubblico registro – intestata a società fiduciaria operante ai sensi della L. n. 1966 del 1939 non si esegue nelle forme del pignoramento presso terzi, bensì, ai sensi dell’art. 2471, comma 1, c.c. (nel testo modificato dal d.lgs. n. 6 del 2003), mediante notificazione alla società a cui la quota stessa si riferisce e alla società (fiduciaria) che ne ha l’intestazione formale, nonché tramite successiva iscrizione del vincolo nel registro delle imprese, generando l’intestazione fiduciaria un fenomeno di dissociazione tra la situazione di “proprietà sostanziale” (che resta in capo al fiduciante) e la “proprietà formale” (che ricade in capo alla fiduciaria), per effetto del quale la fiduciaria acquista la sola legittimazione all’esercizio dei diritti sociali.

[10] Vedasi Cass. 23 settembre 1997, n. 9355 e Cass. S.U., 10 dicembre 1984, n. 6478.

[11] Già citate ex multis Cass. S.U., 27 aprile 2022, n. 13143 e Circolare direttoriale n. 255451/2023 del MIMIT.

[12] Giuseppe Corasaniti, “Profili impositivi dell’intestazione fiduciaria”, Rivista di diritto e pratica tributaria, n. 4, 2009 p. 727.

[13] Cass. S.U., 10 dicembre 1984, n. 6478.

[14] Vedasi anche la Norma di Comportamento n. 216 della Commissione Norme di Comportamento dell’Associazione Italiana Dottori Commercialisti: “in caso di intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie affidata con apposito mandato a ‘società fiduciarie autorizzate’ da persona fisica non imprenditore, ai fini delle imposte dirette gli effetti si producono direttamente sul fiduciante, con riferimento sia ai proventi (dividendi), sia alle plus/minus–valenze, sia alla rivalutabilità del costo di acquisizione delle partecipazioni”.

[15] Cass. sez. V, 23 febbraio 2023 n. 8071 e Cass. sez. V, 27 febbraio 2015 n. 4049.

[16] Si evidenzia la sostanziale differenza evolutiva con il trust che, dopo la sua introduzione nel panorama normativo italiano con L. 16 ottobre 1989, n. 364 è stato disciplinato sotto il profilo della fiscalità indiretta dal Dlgs 18 settembre 2024 n.139 (c.d. riforma fiscale).

[17] Circolare di integrazione, modifica e sostituzione di alcuni principi previsti in tema di negozio fiduciario con società fiduciaria della circolare 22 gennaio 2008, n. 3/E relativa alle disposizioni da poco re-introdotte in materia di imposta sulle donazioni e successioni ad opera del Dl n. 262 del 2006.

[18] Per un approfondimento: Massimo Basilavecchia, “Le intestazioni fiduciarie: trattamento tributario”, I quaderni della Fondazione italiana per il notariato, 2008 (disponibile online) e Vincenzo Busa, “L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate”, I quaderni della Fondazione italiana per il notariato, 2008 (disponibile online).

[19] S. Loconte, V. De Bonis, “Circolare n. 28/E del 27 marzo 2008.Profili impositivi dell’intestazione fiduciaria di immobili”, in Il fisco, n. 21/2008, p. 1-3802.

[20] Angelo Busani, “Il trust immobiliare si può trascrivere”, Il Sole 24 Ore, Norme & Tributi, 24 luglio 2014, e per un approfondimento D. Muritano, “La trascrizione del trasferimento di diritti reali immobiliari dal disponente al trustee di un trust liberale”, in Trusts e attività fiduciarie, 2022, p. 186.

[21] Relativamente alle imposte sui redditi già la L. 27 dicembre 2006, n. 296 (c.d. legge finanziaria 2007) ha introdotto nell’ordinamento tributario la disciplina del trust mediante la modifica dell’art. 73 del Tuir. Sotto il profilo delle imposte indirette il Dlgs 18 settembre 2024 n.139 (c.d. riforma fiscale) ha apportato rilevanti modifiche al Dlgs 31 ottobre 1990 n. 346 (TUS) disciplinato per la prima volta l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni ai trust.

[22] Cass., sez. V, 21 giugno 2019, n. 16699, Cass., sez. V, 24 dicembre 2020, n. 29507; Cass., sez. V, 23 aprile 2020, n. 8082, Cass. Sez. V, 10 gennaio 2022 n. 410Cass., sez. V., 24 gennaio 2024, n. 2334.

[23] Leonardo Arienti, “La disciplina giuridica applicabile al trust successorio ed al trust testamentario”, in Trusts, 2024, p.1017.