A cura di Lorenzo Arienti
Non entreremo in questa sede nel dettaglio dell’istituto del Trust ma faremo una veloce introduzione per passare successivamente alla normativa sul monitoraggio fiscale.
Il trust è un contratto atipico derivante dai paesi anglosassoni, non regolamentato nel nostro ordinamento ma dallo stesso riconosciuto con la ratifica della convenzione dell’Aja. La stessa convenzione, all’art. 2, c.2 detta le caratteristiche dall’istituto ovvero:
– quella di avere una massa attiva (qualsiasi tipo di bene) ben distinta
– formata da beni di proprietà del trust, intestati a nome del trustee
– il trustee, soggetto che li amministra, ha poteri ed obblighi ben distinti (la cd. possibilità di disporre ed amministrare i beni apportati nel trust).
Ai fini fiscali quindi, il trust può essere riconosciuto solo se presenta tutte le predette caratteristiche previste dalla convenzione e se è chiaramente identificabile la presenza di un patrimonio separato.
Ai fini della determinazione della residenza del trust occorre fare riferimento all’ART. 73 TUIR che espressamente prevede trust commerciali e non commerciali e considera residenti i trust che, per la maggior parte del periodo di imposta (ovvero 183 o 184 giorni) hanno la sede legale, la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello stato.
Poi, con riferimento ai trust esteri vi è una presunzione relativa di residenza in Italia quando il trust viene istituito in un paese non collaborativo, ovvero in un paese non elencato nella lista di cui al DM 4/settembre/1996,e, almeno uno dei disponenti o almeno uno dei beneficiari sono residenti nel territorio dello stato.
L’obbligatorietà del monitoraggio fiscale
Il monitoraggio fiscale è un adempimento a cui sono obbligati i contribuenti fiscalmente residenti in Italia (o presunti tali), che consente all’amministrazione finanziaria di avere conoscenza delle loro attività detenute all’estero e, di conseguenza, controllare il corretto assolvimento degli obblighi dichiarativi e di versamento delle relative imposte, in applicazione del principio della worldwide taxation secondo il quale il soggetto, una volta classificato come residente in Italia, è assoggettato a tassazione su tutti i suoi redditi, ovunque prodotti.
Le violazioni relative a tale obbligo comportano sanzioni che vanno dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato nel caso in cui gli asset non dichiarati provengano da un paese white list, mentre nel caso in cui gli asset non dichiarati provenissero da paesi con in quali non c’è lo scambio di informazioni, le sanzioni sono raddoppiate.
Tale adempimento viene regolato dal DL 167/90 che all’ART. 4, c.1, primo periodo, che prevede nello specifico:
- un presupposto soggettivo, dato dalle PF, ENC e SS/SP residenti nel territorio dello stato.
- un presupposto oggettivo, dato dalla detenzione di investimenti e attività di natura finanziaria.
- un presupposto territoriale, dato dalla detenzione delle attività all’estero.
- un presupposto temporale, riferito al periodo di imposta, e quindi la detenzione da parte dei predetti soggetti, di investimenti esteri durante il periodo di imposta, anche solo per un giorno.
Questi soggetti, per assolvere gli obblighi di monitoraggio, sono tenuti quindi a compilare il quadro RW della dichiarazione dei redditi, un quadro non reddituale ma solo di riepilogo, all’interno del quale vengono liquidate le imposte patrimoniali sui beni e sulle attività finanziarie detenute all’estero ovvero IVIE e IVAFE.
Ecco che quindi, in base alle considerazioni appena svolte, il trust, quale ente assimilato agli enti non commerciali, residente fiscalmente nel territorio dello stato, che, nel corso del periodo di imposta ha detenuto, anche solo per un giorno, investimenti all’estero e o attività estere di natura finanziaria, è tenuto ai sensi dell’art. 4 comma 1 primo periodo, ad adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale e quindi a compilare il quadro RW della dichiarazione dei redditi ENC.
L’articolo 9 della L. 97/2013
Sempre con riferimento al monitoraggio fiscale, l’art. 9 della L. 97/2013 (legge europea 2013), ha modificato la normativa del DL 167/90 prevedendo, al l’art. 4, c.1, un secondo periodo che testualmente recita: “Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera pp), e dall’articolo 20 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 , e successive modificazioni” ovvero siano titolari effettivi sulla base della normativa ANTIRICICLAGGIO.
Dal 2013, quindi, gli obblighi di monitoraggio fiscale venivano estesi anche ai soggetti che, in base alla disciplina antiriclaggio, erano considerati TITOLARI EFFETTIVI.
Al tempo, la normativa antiriciclaggio riconosceva titolari effettivi, nello specifico per i trust,:
- La persona fisica beneficiaria del 25% o più del patrimonio del trust;
- La categoria di persone nel cui interesse principale è istituito il trust;
- E in ogni caso, coloro i quali esercitano un controllo su almeno il 25% del patrimonio del trust.
Dal 2017, allo scopo di recepire la IV direttiva antiriciclaggio, entra in vigore il DLGS 90/2017 che modifica la normativa. La direttiva citata, all’art. 3, specifica in modo chiaro quelli che sono i titolari effettivi in caso di trust ovvero:
■ il costituente o i costituenti;
■ il Trustee o i trustees;
■ il guardiano o i guardiani;
■ il beneficiario o i beneficiari.
Di conseguenza, vengono definitivamente eliminate le previgenti soglie del 25% e sostituite con l’elenco puntale dei nuovi soggetti.
Ecco che il legislatore italiano, col DLGS 90/2017 recepisce questa impostazione, tra l’altro con una traduzione che forse lascia un po’ a desiderare, modificando gli artt. 20, c.4 e 5 e 22 c. 5 della 231/2007.
I Titolari dell’Investimento nell’ordinamento italiano
In sostanza, con l’introduzione delle nuove disposizioni, anche nel nostro ordinamento i TITOLARI EFFETTIVI DELL’INVESTIMENTO diventano 4 soggetti ben distinti rappresentati dagli attori dell’istituto ovvero:
■ il disponente o i disponenti;
■ il beneficiario o i beneficiari;
■ il trustee o i trustees;
■ il guardiano o i guardiani.
Viene inoltre inserita una categoria residuale data da:
■ qualunque altra persona fisica che in ultima istanza esercita il controllo sui beni conferiti in trust.
La definizione di titolare effettivo diventa quindi molto più ESTESA, in quanto scompare il riferimento alla soglia del 25% e tutti i soggetti precedentemente elencati vengono considerati titolari effettivi CUMULATIVAMENTE.
A livello di normativa non è chiara quella che sia la quota di partecipazione attribuibile a ciascun soggetto tuttavia fonti autorevoli di dottrina hanno IPOTIZZATO che:
- Il disponente o i disponenti debbano indicare una quota proporzionale al conferimento;
- il guardiano o i guardiani debbano indicare il 100% del valore in quanto di solito hanno il controllo indiretto del 100%, così come il trustee o i trustees;
- il beneficiario o i beneficiari debbano indicare le quote ad essi spettanti.
Titolare effettivo ai fini antiriciclaggio: alcuni documenti interpretativi
Negli anni successivi all’introduzione delle nuove disposizioni in tema di titolare effettivo ai fini antiriciclaggio sono stati pubblicati diversi documenti interpretativi sul tema.
Un primo documento è la risoluzione n. 53 del 29 maggio 2019 che fa riferimento alla risposta ad un quesito circa l’obbligo di compilazione dell’RW da parte del presidente di un CDA e del direttore generale di una fondazione in relazione ai beni ed alle attività finanziarie detenute dalla stessa all’estero.
In questo caso l’amministrazione finanziaria, nel richiamare le nuove disposizioni in tema di titolari effettivi, afferma che la nozione di titolarità effettiva data dalla disciplina antiriciclaggio, va interpretata in modo compatibile con la finalità della normativa sul monitoraggio fiscale.
Nella risoluzione infatti l’agenzia sancisce che “ai fini dell’adempimento degli obblighi di monitoraggio fiscale, deve sussistere una relazione giuridica (intestazione) o di fatto (possesso o detenzione) tra il soggetto e le attività estere oggetto di dichiarazione (cfr. Circ. 10/E del 14 maggio 2014, par. 13.2). Pertanto, sono tenuti agli obblighi di monitoraggio non solo i titolari delle attività detenute all’estero, ma anche coloro che ne hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione. È esclusa l’esistenza di un autonomo obbligo di monitoraggio nell’ipotesi in cui il soggetto possa esercitare – in relazione alle attività detenute all’estero – un mero potere dispositivo in esecuzione di un mandato per conto del soggetto intestatario. È il caso tipico degli amministratori di società di capitali che hanno il potere di firma sui conti correnti delle società e che hanno la possibilità di movimentare i capitali, pur non essendo i “beneficiari” dei relativi redditi (da ultimo, cfr. circolare n 27/E del 16 luglio 2015, par. 1.2). …, non sono tenuti alla compilazione del quadro RW della propria dichiarazione annuale dei redditi con riferimento alle attività estere di proprietà della Fondazione”.
Si può quindi facilmente dedurre che ciò che rileva ai fini del monitoraggio fiscale è il diritto ad ottenere utilità patrimoniali o reddituali dal trust.
Di conseguenza ne deriva che, così come l’amministratore (o il direttore generale) di una fondazione anche il trustee di un trust non commerciale non sarebbe tenuto alla compilazione del quadro RW della propria dichiarazione annuale dei redditi con riferimento alle attività estere di proprietà del trust stesso.
Tale criterio può essere così esteso sia al guardiano il quale svolge una funzione che non prevede alcun diritto patrimoniale o reddituale, che al disponente di trust irrevocabile che non riserva a se alcun diritto sui beni o sui redditi e, di conseguenza, non dovrebbe essere soggetto agli obblighi di monitoraggio.
È chiaro che queste considerazioni dovrebbero essere comunque confermate dall’amministrazione finanziaria in un documento di prassi che analizzi in modo puntuale l’operatività.
Altro documento interpretativo molto interessante e recente riguarda la risposta ad interpello di metà ottobre dove l’amministrazione finanziaria ha sostanzialmente sancito che i beneficiari di trust esteri discrezionali sono soggetti a monitoraggio fiscale in quanto titolari effettivi del patrimonio.
Il trust discrezionale, per sua natura, è opaco ai fini delle IIDD in quanto, benché gli eventuali beneficiari possano anche non essere nominati dal disponente, nel caso lo fossero, saranno confermati tali solo successivamente dal trustee o dal guardiano al verificarsi di eventuali condizioni o eventi. Di conseguenza, durante la vita del trust non hanno alcun diritto sui redditi e tantomeno sul patrimonio e quindi non possono essere considerati beneficiari.
Nella circ. 38 infatti si afferma che gli obblighi di monitoraggio ricadono sul trust non residente quando i beneficiari siano fiscalmente individuati. Di conseguenza dovrebbero essere soggetti agli obblighi di monitoraggio solo i beneficiari di trust esteri trasparenti.
Si ritiene condivisibile l’impostazione della Circ. 38 in quanto i beneficiari di trust opachi non possono disporre in alcun modo del patrimonio in trust e dei relativi redditi.
Inoltre, con questa impostazione si creerebbe disparità tra trust estero discrezionale e trust residente discrezionale i cui eventuali beneficiari, come visto, non hanno obblighi di monitoraggio.
Anche in questo caso sarebbero opportuni ulteriori chiarimenti da parte dell’amministrazione finanziaria.
Infine, l’ultimo documento su cui spendere un breve commento riguarda la risposta ad interpello n. 506 del 30/10/2020. In questo caso il guardiano di un trust estero interposto aveva presentato istanza di interpello in relazione agli obblighi di monitoraggio, ritenendosi non obbligato in quanto, essendo il trust fittiziamente interposto, il disponente aveva già adempiuto agli obblighi di monitoraggio.
L’agenzia, conferma l’impostazione adottata dal guardiano, richiamando proprio la risoluzione 53/2019 giustificando tale impostazione vista la mancanza di una relazione giuridica o di fatto tra soggetto e le attività estere, in esecuzione di un mandato per conto di un soggetto intestatario.
Tuttavia, nell’interpretazione data non vi è quindi alcun riferimento al fatto che il trust sia interposto, quando invece il contribuente nell’istanza presentava le sue ragioni basandosi essenzialmente su questo.
Di conseguenza, così come formulata, tale interpretazione potrebbe essere estesa anche al guardiano di trust non necessariamente interposto e quindi più in generale, a tutti i guardiani residenti di trust con attività estere. ma anche qui occorre una conferma da parte dell’amministrazione finanziaria.
Abbiamo accennato al fatto che i titolari effettivi di trust siano obbligati ad assolvere gli obblighi di monitoraggio, che si sostanziano di fatto nella compilazione del quadro RW della dichiarazione e nella liquidazione delle relative imposte patrimoniali IVIE e IVAFE.
La Circolare n. 38/E del 2013 sancisce l’obbligo da parte dei beneficiari italiani di trust esteri interposti di indicare nel Quadro RW, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, il valore delle attività di natura patrimoniale o finanziaria detenute in Italia, essendo indifferente se le attività detenute dal soggetto interposto si trovino all’estero ovvero in Italia, ma sul presupposto che sono detenute da soggetti esteri.
Anche le stesse istruzioni dei modelli fiscali, con riferimento al quadro RW sanciscono che: “In particolare, devono essere indicati gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria nonché gli investimenti in Italia e le attività finanziarie italiane, detenute per il tramite di fiduciarie estere o di soggetti esteri fittiziamente interposti che ne risultino formalmente intestatari”.
Questa impostazione è stata confermata nel 2015 con la voluntary disclosure in relazione all’emersione di attività estere non dichiarate per il tramite di società fiduciarie.
La sentenza della ctr Lombardia del 17 dicembre 2018 n.5506
Tuttavia, sotto questo aspetto, si segnala una interessante sentenza della ctr Lombardia del 17 dicembre 2018 n.5506.
In questo caso il contribuente, beneficiario italiano di trust interposto, amministrato da un trustee svizzero, avente ad oggetto beni e investimenti detenuti in Italia, aveva presentato ricorso avverso un atto di irrogazione di sanzioni per omessa compilazione quadro RW per le annualità 2007, 2008 e 2009.
La CTR sancisce che, sebbene possa apparire pacifico che il trust sia un soggetto interposto, deve ritenersi altrettanto pacifico che i beni (immobili) “confluiti nel trust sono in Italia. Non è quindi ipotizzabile una violazione dell’art. 4, c.1, D.L. 167/90 che prevede l’obbligo di dichiarare attività e redditi di fonte estera e comunque beni che si trovano al di fuori del territorio dello Stato”. La sentenza conclude precisando che “in assenza di reddito di fonte estera non c’è alcun obbligo di compilazione del quadro RW e pertanto deve essere confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento”.
La sentenza quindi è contraria all’interpretazione estensiva di attività detenute all’estero data dall’amministrazione finanziaria evidenziando la mancanza del presupposto territoriale e del reddito di fonte estera.
Ai fini dell’adempimento all’obbligo di monitoraggio fiscale, il provvedimento 151663/2013 sancisce poi l’applicazione del cosiddetto approccio “look-through”.
Tale approccio consiste nel monitorare analiticamente il valore dei beni detenuti all’estero, anche per il tramite di veicoli specifici, ponendo quindi rilevanza principalmente alle attività patrimoniali e finanziarie situate all’estero rispetto alla partecipazione nel soggetto che ne risulta titolare di diritto.
L’approccio “look-through” trova applicazione per esempio con riguardo alle partecipazioni in società quando queste ultime sono residenti in stati “non collaborativi” (inclusi nella “white list” del D.M. 4.9.1996 o con cui sono in vigore accordi finalizzati all’effettivo scambio di informazioni) mentre è stato chiarito che, con riguardo al trust, tale approccio si applica sempre, a prescindere dal paese di provenienza delle attività estere.
Inoltre, vista la formulazione dell’art. 4 DL 167/90 (monitoraggio) e la nuova definizione di titolari effettivi della 231/2007, sembrerebbe che tale approccio debba applicarsi anche a tutti i soggetti identificati quali titolari effettivi.
Per concludere vediamo qualche esempio:
ESEMPIO 1
Un caso molto semplice è quello di un trust istituito in Italia con disponente (o disponenti), guardiano (guardiani), beneficiario (beneficiari) e trustee tutti soggetti residenti nel territorio dello Stato.
La particolarità del trust è appunto quella di avere investimenti in un paese estero.
In questo caso sono obbligati agli adempimenti sul monitoraggio CAIO (beneficiario individuato) e il TRUST X con riferimento a:
- Conti correnti esteri;
- Titoli;
- Beni immobili.
In base alle nuove disposizioni dettate dalla normativa antiriciclaggio, dovranno adempiere agli obblighi sul monitoraggio anche:
- TIZIO, in quanto disponente, per una quota proporzionale a quanto conferito nel trust;
- Il Trustee;
- MEVIO, in quanto guardiano, per il totale delle attività ed degli investimenti detenuti all’estero dal Trust X.
Ecco che qui è chiaro come le disposizioni contenute nella circolare 38/E/2013 siano superate in quanto viene previsto l’esonero della comunicazione da parte del trustee nel caso in cui sussistano titolari effettivi residenti dell’intero patrimonio del trust mentre, in base alla normativa aggiornata, anche il trustee residente dovrebbe sempre procedere alla comunicazione sul monitoraggio.
ESEMPIO 2
In questo caso, identico a quello precedente se non per quanto riguarda i beni immobili che sono detenuti dal trust X per il tramite di un veicolo societario (società A), vediamo cosa si intende per approccio “look-through”.
Infatti gli stessi soggetti che, in base alla normativa antiriclaggio sono titolari effettivi e quindi in base all’art. 4, c.1, devono adempiere agli obblighi di monitoraggio, oltre alle attività finanziarie ed ai titoli dovranno indicare anche gli immobili detenuti tramite la società A, rispettando il principio cardine dell’approccio look-through secondo il quale, va posta rilevanza principalmente alle attività patrimoniali e finanziarie situate all’estero rispetto alla partecipazione nel soggetto che ne risulta titolare di diritto.
ESEMPIO 3
In questo ultimo esempio vediamo come l’applicazione dell’approccio “look through” avvenga anche nel caso di titolari effettivi di trust non residenti, ovvero, come in questo caso, trust sanmarinese.
La differenza sostanziale è che ovviamente, per mancanza del presupposto soggettivo e territoriale il trustee non effettuerà alcuna comunicazione.
Una delle criticità riscontrate in questo caso è la necessità che il trustee comunichi ai soggetti italiani che devono adempiere gli obblighi di monitoraggio fiscale tutti i dati necessari al fine di poter comunicare correttamente i valori.
Dovranno essere quindi i soggetti interessati a richiedere al trustee indicazioni a riguardo, sulla base di una normativa di cui lo stesso trustee non è ovviamente a conoscenza.