* articolo di “Leonardo Arienti, La riqualificazione del trust opaco in trust trasparente e gli obblighi di adeguata e corretta contabilità (CGT II grado, Lombardia, 20 settembre 2023), in Trusts, 2024, 497”

 

Tesi
I trust identificati come opachi e soggetti passivi ai fini IRES possono essere riqualificati come trasparenti nel caso in cui, in concreto il trustee provveda a delle distribuzioni di reddito in violazione di quanto previsto dall’atto istitutivo.

Inoltre, i trust opachi aventi natura non commerciale e non esercenti alcuna attività di tipo commerciale non devono ritenersi normativamente onerati alla tenuta della contabilità ai sensi dell’art. 20, D.P.R. n. 600/1973, ma devono comunque adottare una corretta rappresentazione contabile della gestione dei beni in trust, essendo il trust un autonomo centro di imputazione economica e fiscale ai fini IRES.

The author’s view
Trusts identified as “opaque” and taxable for IRES purposes may be reclassified as “transparent” if, as a matter of fact, the trustee makes distributions of income in breach of the provisions of the trust deed.

Moreover, “opaque” trusts having a non-commercial nature and not involved in any commercial activity are not to be deemed to be obliged by law to keep business records pursuant to Article 20 of Italian Presidential Decree No. 600 of 1973 but such kind of trusts must nevertheless adopt a correct accounting representation of the management of the trust assets as the trust is an autonomous centre of economic and tax imputation for IRES purposes.

 

Sommario:

§ 1. Considerazioni introduttive – § 2. Il Caso – § 3. Trust opaco e trust trasparente: i beneficiari c.d. “individuati” e la riqualificazione – § 4. Trust interposto: i criteri di applicabilità dell’art. 37, comma 3, D.P.R. 600/1973 – § 5. Gli obblighi del trustee alla tenuta di una corretta contabilità – § 6. Conclusioni

 

§ 1. Considerazioni introduttive
Con sentenza 20 settembre 2023, n. 278611 la Corte di Giustizia Tributaria di II grado
della Lombardia ha affrontato una serie di questioni di particolare interesse attinenti sia
alla possibile (ri)qualificazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di un trust c.d.
“opaco” in trust c.d. “trasparente”, sia all’individuazione degli elementi di anomalia

idonei alla declaratoria di interposizione fiscale di un trust, tra i quali spicca
l’inadempimento da parte del trustee degli obblighi di tenuta di una corretta ed adeguata
contabilità.

§ 2. Il Caso
La decisione della Corte di Giustizia verte sulla contestata illegittimità di un avviso di
accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una contribuente per
maggior reddito di fabbricati non dichiarato. Tale maggior reddito sarebbe derivato
dall’interposizione fiscale di un trust immobiliare finalizzata ad avvantaggiare il
contribuente attraverso un illegittimo risparmio d’imposta, ottenuto dalla differenza tra:
la (maggiore) IRPEF potenzialmente applicabile alla persona fisica, e la (minore) IRES 2
cui è soggetto il trust (opaco).
Secondo l’Agenzia delle Entrate il trust immobiliare accertato, sebbene fosse stato
qualificato come opaco dal trustee ed avesse presentato un’autonoma dichiarazione dei
redditi versando la relativa IRES, era in realtà un trust trasparente caratterizzato inoltre
da numerosi indici di interposizione e, pertanto, a parere dell’Agenzia, un trust
fittiziamente interposto e non dotato di autonoma soggettività tributaria.3
La Corte di Giustizia Tributaria di I grado, condividendo l’interpretazione dell’Agenzia
delle Entrate sull’interposizione fittizia del trust, ha respinto il ricorso del contribuente
poiché l’operatività del trustee era sostanzialmente difforme rispetto a quanto previsto
dall’atto istitutivo e la fattualità degli eventi hanno rivelato l’assenza di alcun reale
“spossessamento” dei beni in trust che continuavano ad essere gestiti come in
precedenza.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado, rigettando l’appello del contribuente, ha
oltremodo avallato la tesi dell’Agenzia secondo la quale il trust, sebbene qualificato come
opaco, fosse in realtà un trust fiscalmente trasparente. Inoltre, a dire della Corte di II
grado, il trust si caratterizzava per diversi “elementi di anomalia” idonei a determinarne
l’interposizione fittizia. Tra tali elementi spiccano, in particolare:
(i) la discrasia tra l’individuazione dei beneficiari del trust come “beneficiari finali”
(dunque con solo diritto al patrimonio residuo al termine del trust) e l’effettiva
percezione da parte dei medesimi dei redditi del trust (vedasi infra § 3 e 4),
(ii) l’irregolare tenuta dei documenti contabili del trust (vedasi infra § 5).
Inoltre, figurano altri elementi di anomalia, tra i quali:
(iii) la coincidenza tra uno dei tre disponenti (figlio della coppia) con il ruolo di trustee, il
che qualificava il trust come c.d. “autodichiarato”,

(iv) l’affidamento della gestione dei beni dopo l’apporto in trust ai medesimi soggetti che
li gestivano in precedenza,
(v) la percezione “sistematica” dei proventi del trust da parte dei disponenti,
(vi) la mancata nomina del guardiano pur previsto dall’atto istitutivo,
(vi) la costante violazione da parte del trustee delle clausole dell’atto istitutivo.

 

§ 3. Trust opaco e trust trasparente: i beneficiari c.d. “individuati” e la riqualificazione
Relativamente alle differenze strutturali tra trust opachi e trasparenti, l’Agenzia delle
Entrate si è pronunciata in diverse occasioni.5

A tal fine deve rammentarsi che la qualificazione fiscalmente rilevante tra le due
connotazioni morfologiche del trust (opaco/trasparente) viene effettuata dal trustee in
base a quanto previsto dall’atto istitutivo, e segnatamente:

(i) nel caso di trust trasparente, ai sensi dell’art. 73, comma 2, del TUIR, i redditi
conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di
partecipazione “individuata” nell’atto di istituzione del trust o in altri documenti
successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. In questo caso dunque si ha imputabilità
diretta del reddito prodotto dal trust (o di parte del reddito prodotta dal trust nel caso di
trust misto) ad un beneficiario che vanta un diritto attuale e tutelabile alla percezione di
predetto reddito con l’effetto di una manifestazione attuale di capacità contributiva.6
Presupposto è che il beneficiario (a) sia previamente individuato e (b) risulti titolare del
diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene
imputata per trasparenza7 (indipendentemente dall’effettiva percezione di tale
reddito8). In questa tipologia di trust il trustee non ha alcuna discrezionalità rispetto alla
destinazione al beneficiario del reddito in quanto impostogli dall’atto istitutivo;
(ii) nel caso di trust opaco, ai sensi dell’art. 73, comma 1, del TUIR, i redditi conseguiti dal
trust sono imputati in capo al trust stesso quale soggetto passivo IRES non avendo il
trust un beneficiario del reddito c.d. “individuato”. Dunque sembrerebbe che solo
l’individuazione del beneficiario del reddito nell’atto istitutivo di per sé sarebbe idonea a
qualificare il trust come trasparente, ma in realtà non è esattamente così. L’atto
istitutivo del trust può invero individuare un beneficiario dei “redditi” o dei proventi del
trust che però possa beneficiarne solo a discrezione del trustee. In caso di discrezionalità
del trustee il beneficiario non deve essere considerato “beneficiario individuato”
secondo quanto previsto dall’art. 73 del TUIR e quanto indicato dall’Agenzia non avendo
il beneficiario alcun diritto azionabile ed attuale a percepire il reddito e dunque non
manifestando alcuna capacità contributiva attuale.9

Tali considerazioni vengono avallate anche dalla sentenza in commento.10

I Giudici tributari effettuano nel merito una dettagliata analisi degli elementi fattuali
relativi all’operatività del trust, che hanno portato la Corte ad aderire alla tesi
dell’Agenzia delle Entrate ed a (ri)qualificare il trust da opaco a trasparente, per poi
contestarne l’interposizione sotto il profilo fiscale.

Il trust in esame – sebbene correttamente identificato dal trustee come trust opaco –
operava in concreto come trust trasparente avendo i “beneficiari finali” ricevuto diverse
distribuzioni da parte del trustee (distribuzioni poi effettuate anche nei confronti di
soggetti diversi dai beneficiari come gli stessi disponenti e trustee).11

Proprio l’incongruenza tra la clausola con cui si era inteso disporre in maniera
postergata del fondo in trust mediante attribuzione solo “finale” con l’effettivo
comportamento continuativamente “distributivo” del reddito, ha determinato la
riqualificazione, effettuata in concreto ai sensi dell’art. 37, comma 3, D.P.R. n. 600 del
1973, dei redditi del trust da opaco a trust trasparente.

 

§ 4. Trust interposto: i criteri di applicabilità dell’art. 37, comma 3, D.P.R. 600/1973
La sentenza rileva anche per le argomentazioni svolte dalla Corte in tema di
riqualificazione dei redditi del trust da opaco a trasparente e di interposizione fiscale
nell’ambito del trust, focalizzandosi in particolare sull’operatività dell’art. 37, comma 3,
del D.P.R. 600/1973 quale norma chiave in materia di contrasto ai fenomeni di
interposizione fittizia nel possesso del reddito.12

In particolare, la norma consente all’Amministrazione finanziaria di imputare
direttamente all’interponente, nel contesto dell’atto di accertamento, il reddito di cui il
medesimo risulti possessore per interposta persona, anche sulla base di presunzioni,
purché gravi, precise e concordanti.

La Corte chiarisce, nel contesto della pronuncia in esame, che le presunzioni di cui al
comma 3 dell’art. 37 del D.P.R. 600/1973, sono volte ad accertare la prevalenza “della
sostanza sulla forma e della realtà sull’apparenza”.

A tal fine, come chiarisce la pronuncia, la prevalenza del possesso del reddito (in capo
alle persone che hanno percepito le distribuzioni) rispetto alla sua titolarità formale del
reddito (in capo al trust) sancisce la prevalenza della sostanza sull’apparenza, essendo
necessario individuare l’effettività dell’esercizio del possesso del reddito più che la
titolarità formale.

Nel caso di specie, tutte le spese principali sostenute dalla famiglia venivano affrontate
utilizzando il fondo in trust, in ragione di ciò non potendosi rinvenire alcuna effettiva

“separazione patrimoniale” attuata per il tramite l’istituzione del trust anche dovuta alla
qualificazione del medesimo come c.d. “autodichiarato”. 13
Tale elemento di interposizione era però solo uno dei numerosi (se ne contano più di sei)
individuati dalla sentenza (vedasi supra § 2) tra i quali ne spicca in particolare uno,
l’omissione da parte del trustee relativa agli obblighi – statutari e legali – di adeguato e
corretto rendiconto e tenuta della contabilità.

 

§ 5. Gli obblighi del trustee alla tenuta di una corretta contabilità
La pronuncia in esame assume particolare interesse nella parte in cui approfondisce il
tema delle violazioni in materia di obbligo del trustee alla tenuta di una corretta
contabilità.14

Il trust era stato qualificato come opaco, e dunque autonomo centro di imputazione
economico-tributaria rilevante, anche ai sensi dell’art. 73, D.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917, ai fini dell’autonomo assoggettamento all’IRES enti non commerciali.
L’Agenzia delle Entrate ha contestato l’irregolare tenuta della contabilità da parte del
trustee ritenendo tale circostanza un “elemento di anomalia” idoneo a comportarne la
declaratoria di interposizione sotto il profilo fiscale.

In particolare, si legge nella sentenza che “le annotazioni contabili sono state effettuate
manualmente, su fogli non numerati progressivamente, con abrasioni, correzioni e
cancellazioni, così come avvenuto per la tenuta del libro degli eventi. In più occasioni
l’annotazione dei costi sostenuti non è supportata da alcuna documentazione probatoria,
così come non sono documentati, in relazione al ciclo attivo, gli incassi dei canoni di
locazione immobiliare. Inoltre, il trustee non ha redatto l’inventario né il bilancio del
fondo in trust, disattendendo quindi gli obblighi statutari e di legge”.

In questo senso, la tesi difensiva si è concentrata nel contestare il fatto che al trust non
commerciale non sarebbero applicabili gli obblighi previsti in materia di tenuta della
contabilità previsti dell’art. 20 del D.P.R. n. 600/1973 rubricato “Scritture contabili degli
Enti non commerciali”, stante l’attività di mera gestione “passiva” degli immobili
istituiti in trust. Tale norma sancisce invero l’estensione degli obblighi contabili anche
agli enti soggetti IRES che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di
attività commerciali (i.e. trust non commerciali), in relazione alle attività commerciali
eventualmente esercitate dall’ente (c.d. contabilità separata ex art. 144, comma 2, del
TUIR). Il trust immobiliare, svolgendo un’attività di mera gestione di immobili non
qualificabile come attività commerciale, non sarebbe stato (a dire della ricorrente)
assoggettato ad alcun obbligo contabile.

Senonché l’atto istitutivo del trust prevedeva espressamente la predisposizione da parte
del trustee di un rendiconto con l’obbligo di rendere “annualmente il conto della
[2024] n° 3 (maggio-giugno) – Diritto vivente – discussione – p. 501
gestione redigendo con il criterio di cassa, entro 6 mesi dalla scadenza di ciascun
esercizio solare, un inventario ed un bilancio del fondo in trust”, l’obbligo del
mantenimento di “una contabilità accurata nonché la documentazione di ogni
operazione”, e l’obbligo di “custodire ed aggiornare il libro degli eventi” debitamente
“vidimato da notaio, prima di essere messo in uso”.15

A tal fine la Corte ha rilevato che “indipendentemente dagli obblighi tributari,
l’opportunità, anzi la necessità (come anche suggerito dalla prassi contabile emanata dal
Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili in materia contabile
dei trust)16 della corretta rappresentazione contabile della gestione dei beni in trust,
deriva dalla circostanza che il trust è sempre un centro di imputazione economico,
ancorché non siano previsti schemi obbligatori per il bilancio, e ciò sia per fini interni e
di comunicazione tra i diversi soggetti del Trust (istituenti, trustee e beneficiari) che per
gli stakeholders esterni”.

Dunque, per i Giudici tributari “il trust, in ogni caso, deve sottostare ad obblighi di una
corretta ed adeguata contabilità”, ciò “indipendentemente da quanto previsto dall’art.
20 D.P.R. n. 600 del 1973”.

Tale assunto ha portato la Corte ad avallare la qualificazione effettuata dall’Agenzia delle
Entrate in capo al trust che è stato valutato come interposto e dunque inesistente sotto il
profilo tributario.

 

§ 6. Conclusioni
La sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia del 20
settembre 2023, n. 2786 non fa altro che ribadire il fondamentale ruolo del trustee
indipendente, terzo e c.d. “professionale”, nelle dinamiche relative alla gestione del
trust.

È il trustee ad esempio che, interpretando l’atto istitutivo, determina la qualificazione
fiscale del trust quale opaco o trasparente, è il trustee che nel concreto della propria
attività deve operare in conformità all’atto istitutivo ed è sempre il trustee a tenere una
corretta contabilità del trust, predisponendo il rendiconto, curando la documentazione
contabile e fiscale ed aggiornando il libro degli eventi. Ciò a tutela della propria posizione
di gestore dei beni in trust anche nei confronti dei terzi interessati (non solo Agenzia
delle Entrate, ma anche guardiani, beneficiari, futuri trustee, disponenti e altri soggetti
terzi).

Nel caso vi sia un disallineamento tra quanto previsto dall’atto istitutivo e l’operatività
concreta del trustee, il trust si espone a possibili riqualificazioni sotto il profilo fiscale da
trust opaco a trust trasparente ma anche da trust dotato di soggettività tributaria a trust
fiscalmente interposto.

A parere di chi scrive risultano essere di particolare rilievo sia le considerazioni relative
alla riqualificazione di un trust opaco in trust trasparente, sia quelle relative alla corretta
tenuta della contabilità da parte del trustee.

Con riferimento al primo punto (i.e. riqualificazione di un trust opaco in trasparente),
l’Agenzia delle Entrate ha riqualificato il trust da opaco a trasparente ai sensi dell’art. 37,
comma 3, D.P.R. n. 600/1973 imputando i redditi del trust opaco (IRES) all’effettivo
beneficiario delle distribuzioni (persona fisica soggetta ad IRPEF) in quanto il trustee –
in concreto – e contrariamente a quanto previsto dall’atto istitutivo, teneva un
comportamento continuativamente “distributivo” del reddito. Da ciò si desume la
rilevanza del ruolo del trustee e delle previsioni dell’atto istitutivo nell’attività di
amministrazione e gestione dei beni in trust e di distribuzione del reddito ai beneficiari
del trust.

Relativamente al secondo punto (i.e. corretta tenuta di una corretta e puntuale
contabilità) deve premettersi innanzitutto che il trustee è sempre onerato all’obbligo di
rendiconto in base a quanto previsto dall’art. 2, comma 2, lettera c) della Convenzione de
L’Aja.

Inoltre il trustee deve verificare i propri adempimenti anche in base a quanto previsto
dall’atto istitutivo (elemento tipico è l’adozione del libro degli eventi del trust) e dalle
previsioni della legge regolatrice.17
Sotto il profilo normativo (tributario), l’onere alla corretta tenuta della contabilità
previsto dall’art. 20, D.P.R. n. 600/1973 (recante le “Scritture contabili degli enti non
commerciali”) individua specifici obblighi contabili in capo agli enti non commerciali
soggetti all’IRES (i.e. trust opachi non commerciali) esclusivamente nel caso di esercizio
(eventuale) di attività commerciale e relativamente all’attività commerciale svolta (c.d.
contabilità separata ex art. 144, comma 2, del TUIR). Dunque, il trust opaco non
commerciale e non esercente attività commerciale non deve ritenersi normativamente
onerato all’adozione delle scritture, libri o documenti contabili previsti dagli artt. 14, 15,
16, 17 e 18 del D.P.R. n. 600/1973.18

 

Ciò detto, deve però rilevarsi che l’Agenzia delle Entrate (ed anche la giurisprudenza
tributaria di merito19) ritiene che il trust opaco sia tuttavia sempre assoggettato agli
obblighi di una corretta ed adeguata contabilità “indipendentemente da quanto previsto
dall’art. 20 D.P.R. n. 600 del 1973”, correttezza ed adeguatezza che viene verificata in
concreto in base agli elementi fattuali ed alle caratteristiche del trust.
Pertanto, essendo il trust opaco non commerciale un autonomo centro di imputazione
economica e fiscale e soggetto passivo di imposta ai fini IRES, si ritiene che sia sempre
opportuno per il trustee – indipendentemente dagli obblighi previsti dalle disposizioni
tributarie art. 20, D.P.R. n. 600/1973 – adottare una corretta rappresentazione contabile
della gestione dei beni in trust, conforme alle previsioni dell’atto istitutivo e della leggere

golatrice e parametrata alle diverse tipologie di beni gestiti in trust,20 ciò anche al fine
di evitare eventuali contestazioni di interposizione in sede di accertamento tributario.

___________________________________

Note
1. CGT II grado, sez. XVI, Lombardia Milano, sent. 20 settembre 2023, n. 2786.
2. Vedasi art. 73, comma 1, lett. c) del TUIR.
3. In tal senso si veda A. Vasapolli, Trust fiscalmente inesistente (Risposta ad interpello 4 luglio 2022, n. 359), in
questa Rivista, 2022, 1135.
4. Per un approfondimento in merito agli elementi di interposizione: L. Arienti, L’interposizione fiscale del
trust autodichiarato (CTR Lombardia, 11 maggio 2022), in questa Rivista, 2023, 528.
5. Vedasi le circolari 20 ottobre 2022, n. 34/E, 6 agosto mese 2007, n. 48/E e 27 dicembre 2010 n. 61/E oltre
che con la Risoluzione 5 novembre 2008, n. 425.
6. Circ. 27 dicembre 2010, n. 61/E.
7. Cass. civ. sez. V, ord., 16 febbraio 2021, n. 3986.
8. Circ. 20 ottobre 2022, n. 34/E.
9. Ris. 5 novembre 2008, n. 425.
10. La sentenza della CGT II grado, Lombardia, 20 settembre 2023, n. 2786 conferma la qualificazione di un
trust come fiscalmente opaco anche nel caso in cui l’atto istitutivo individui dei beneficiari ma tali beneficiari
“seppur individuati […] non hanno il diritto soggettivo di ottenere alcun beneficio nel corso della durata del
trust da parte del trustee (che ha quindi il potere c.d. discrezionale di attribuire o meno i benefici)”.
11. La Corte ha ritenuto che la gestione dei beni in trust non fosse fornita della tipica autonomia del trust
opaco a causa della costante violazione da parte del trustee delle clausole dell’atto istitutivo.
12. L’art. 37, comma 3, del D.P.R. n. 600/ 1973 è una norma c.d. antielusiva che permette la riqualificazione o
rideterminazione, sotto il profilo delle imposte dirette, della imputazione dei redditi al soggetto che ne è
l’effettivo possessore. Per un approfondimento: G. Bizioli, Interposizione del trust: imposte sui redditi e imposte
sulle successioni e donazioni (pagg. 23-24 della Circolare), in questa Rivista, 2023, 107, vedasi anche L. Arienti,
op. cit., 528 e A. Vasapolli, Trust fiscalmente inesistente (Risposta a interpello 4 luglio 2022, n. 359), ibidem, 2022,
1135 e S. Marchese, I Trust “Fiscalmente Riconosciuti”, in Dir. prat. trib., 1 novembre 2020, 2407, oltre che la
Risposta ad interpello 4 luglio 2022, n. 359. Sull’interposizione fittizia ed onere probatorio: Cass., sez. V, 13
aprile 2023, n. 9890, per la differenza tra interposizione fittizia ed interposizione reale vedasi Cass., sez. V, 17
febbraio 2022 n. 5267.
13. M. Valenzano, Imposizione sul trust autodichiarato, in questa Rivista, 2018, 167; L. Arienti, op. cit., 528.
14. In tal senso vedasi anche CTR Lombardia, sent. 11 maggio 2022, n. 1927 commentata da L. Arienti, op. cit.,
528. In merito alla revoca del trustee per non aver tenuto un’adeguata contabilità vedasi Trib. Milano, 20
ottobre 2002.
15. In merito alle modalità di redazione del libro degli eventi vedasi M. Lupoi, Criteri per la tenuta del ‘Libro
degli eventi’ – un parere, in questa Rivista, 2022, 223.
16. Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili in materia contabile dei trust,
L’obbligo di rendiconto del trustee, Studio 21 novembre 2011.
17. Vedasi ad esempio l’art. 26 della Legge della Repubblica di San Marino del 1 marzo 2010, n. 42 (s.s.m.m.i.i)
18. M. Lupoi, Istituzioni del diritto dei trust negli ordinamenti di origine italiana, Milano, 5ª ed., 2024, 221.
19. CGT II grado, Lombardia, sent. 20 settembre 2023, n. 2786.

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Leonardo Arienti (1983), Avvocato del foro di Bologna, si è laureato con lode presso l’Università di
Bologna nel 2009 ed ha conseguito un master in legge LL.M. nel quale si è specializzato in materia di
trust presso l’University College London (UCL) nel 2011.
Si occupa prevalentemente di trust ed amministrazione fiduciaria di beni, sia sotto il profilo civilistico
sia tributario, temi con riferimento ai quali è relatore in diversi corsi di formazione e scrive contributi
scientifici.
È socio iscritto dell’Associazione «Il trust in Italia» dal 2009 e della Society of Trust and Estate
Practitioners – Step Italy branch dal 2014.
leonardo.arienti@sifir.eu

 

Arienti_Riqualificazione del trust e obblighi contabilità